NA Creature - Long Play Track di Teatringestazione
Ugo Russo venne ucciso nel quartiere Santa Lucia di Napoli l’1 marzo 2020, a quindici anni, durante un tentativo di rapina ai danni di un carabiniere fuori servizio. Ad oggi, le esatte dinamiche dell’avvenimento non sono state chiarite e non è stato ancora intentato alcun processo. Nel frattempo, il caso ha raggiunto risonanza nazionale, soprattutto dopo essere stato raccontato da Zerocalcare su “L’Essenziale”.
A questo tragico evento la compagnia Teatringestazione, attiva a Napoli dal 2006, ha dedicato NA Creature - Long Play Track, spettacolo che Terreni Creativi ha deciso di accogliere nel proprio cartellone.
L’impianto scenico si declina in innumerevoli dispositivi digitali e analogici come il video proiettato all’inizio che mostra una strage scatenata – dal vivo – a GTA, videogioco tradizionalmente deputato ad accogliere gli impulsi omicidi delle giovani generazioni; o le immagini che scorrono sugli otto schermi presenti in scena; oppure la lettura da parte di alcuni educatori o funzionari locali (Mariagrazia Timo, responsabile del sistema bibliotecario Valli ingaune, Ornella Vaccaro di ADSO, Giovanni Tabbò di ANFFAS) e un adolescente (Daniele Fresia) di testi scritti dal performer e regista Giovanni Trono, mentre quest’ultimo si muove in scena sotto il ritmo martellante della musica di Alessandro Pezzella.
La sovrabbondanza mediale, le immagini o criptiche (un pinguino che marcia in loop verso di noi) o didascaliche (una pistola), la lettura monocorde dei testi che raccontano, in forma poetica, la povertà educativa e il disagio sociale di molti ragazzi napoletani, rendono lo spettacolo generalmente poco leggibile. Per questa ragione, la dedica “a Ugo”, apparsa dopo un video in cui un ragazzo (lo stesso Russo?) si tuffa in mare al rallenty, non trova terreno su cui appoggiarsi e appare come un tardivo tentativo di innalzare la temperatura emotiva di uno spettacolo poco equilibrato a livello formale e concettuale. (M.V)
Giacomo del Teatro dei Borgia
Un relitto di tribuna parlamentare affiora sul palcoscenico. È illuminato da un taglio di luce fredda che investe anche Elena Cotugno, seduta con i piedi su uno scranno e vestita con un gilet doppiopetto, pantaloni scuri e scarpe da uomo. Giacomo, ultimo spettacolo prodotto da Teatro dei Borgia, inizia con questo quadro capace di trasmettere il clima d’acciaio che doveva imperversare in Italia negli anni a cavallo della cosiddetta Rivoluzione fascista. Una tensione che si indovina in diversi passaggi dei due discorsi di Giacomo Matteotti, i cui ampi estratti costituiscono la drammaturgia dello spettacolo.
L’orazione alla Camera dei Deputati del 31 gennaio 1921 tratteggia un Paese scosso dalle agitazioni socialiste e dalla reazione della borghesia industriale affidata al braccio armato del Partito Nazionale Fascista, con la connivenza di governo e organi di stampa. «A me preme dimostrare soprattutto – dice Matteotti – che la violenza esercitata dal fascismo è una reazione, un mezzo, di cui la vostra classe vuol farsi arma per provvedere al proprio interesse». L’attrice pronuncia questo primo discorso senza mai alzarsi in piedi, cadenzandolo in una sorta di litania che non obbedisce tanto alle leggi dell’oratoria, quanto a quelle della musica. Non ricerca l’enfasi originaria del discorso di Matteotti, non ne differenzia gli accenti né il ritmo, ma presenta le sue parole quasi volendone preservare la forma, il suono, il senso. La monotonia del tono di voce e la staticità motoria dell’interprete è funzionale a questo tipo di operazione, benché rischi, a lungo andare, di smorzare la concentrazione dello spettatore.
Il 30 maggio 1924, il deputato socialista tiene il suo ultimo intervento alla Camera prima di essere assassinato dalle bande fasciste. Se nel 1921 il clima nel parlamento a guida giolittiana è teso, tre anni dopo diventa apertamente ostile e non si contano i fischi, le proteste, gli improperi che inframezzano il discorso di Matteotti, incentrato sull’illegittimità delle elezioni appena concluse con l’imponente vittoria del Partito Nazionale Fascista. Nella seconda parte dello spettacolo, Cotugno recita in piedi, davanti alla tribuna, e si rivolge con il volto e con il corpo allo stesso faro che, di tre quarti, fin dall’inizio illumina la scena: a ogni interruzione, come se un turbine la investisse, viene sospinta indietro e costretta a una capriola, per poi rialzarsi e faticosamente riprendere a parlare. Pur mantenendo un incedere anti-mimetico, la dinamica della recitazione è qui maggiormente drammatica e coinvolgente, forse anche per il pathos insito nel fitto scambio di battute del dibattito.
Quasi estremizzando il concetto di attore-reporter, caro alla poetica di Gianpiero Borgia, Elena Cotugno realizza in scena una sorta di re-enactment. Non cerca di estrapolare dalle parole di Matteotti chiari e condivisibili messaggi morali, né tenta di martirizzare il deputato socialista in un’ottica vittimistica; piuttosto, intende mostrarne tutta la forza intellettuale, argomentativa e pratica: «Noi non ci lagniamo della violenza fascista. Siamo un partito che non si restringe dentro una semplice competizione politica, che non aspira a successione di ministeri, che vuole invece arrivare ad una grandiosa trasformazione sociale, e quindi prevede necessariamente le violenze». Questo approccio conservativo, ma privo di scimmiottamento, è utile a ricordare a tutti le radici violente, antidemocratiche e capitaliste di un regime che taluni professano di aver ormai consegnato al passato, pur restando celati dietro simboli di fasci littori, croci celtiche, fiaccole o fiamme tricolori. (M.V.)
Punk. Kill me please di Francesca Foscarini e Cosimo Lopalco
All’ingresso in sala, ci ritroviamo in mano quella che sembra una line-up. Intitolata Punk. Kill me please, l’indagine intorno al punk della performer e coreografa Francesca Foscarini e del poeta e scrittore Cosimo Lopalco si presenta sotto forma di un concerto performativo. Uno spettacolo che non vuole raccontare la storia della subcultura sorta negli anni ‘70, ma piuttosto restituirne l’energia esplosiva. Una celebre frase di Sid Vicious recita: «Fate dell’anarchia e del disordine i vostri marchi». Inseguendo questo motto, il consolidato duo Foscarini-Lopalco – sodalizio nato nel 2016 con Animale – struttura lo spettacolo attraverso pezzi-brani a sé stanti, in una ricercata babele drammaturgica.
Un giradischi, un pennarello nero, alcuni nastri di carta e due coperte tartan sono gli unici elementi in mano alle due danzatrici, la stessa Foscarini e Beatrice D’Amelio, per costruire questa scena DIY (Do It Yourself) brano dopo brano.
Wagner, gli Stooges e Frank Sinatra, i frequenti cambi d’abito e di personaggio, si succedono nei quadri, senza soluzione di continuità: tutto è esposto in scena, persino gli attimi di pausa che si concedono le interpreti. Da questi pezzi è bandita la narrazione così come la danza nel senso più tradizionale del termine, più che al racconto è all’evocazione che si affida una coreografia fatta di saltelli, movimenti ora agitati ora oscillatori, azioni che rimandano al mondo delle proteste o a quello delle sfilate. In questo gioco pieno di easter egg che rimandano alla più rumorosa e violenta cultura alternativa degli ultimi sessant'anni, quello che viene a mancare è un disegno generale, l’urgenza dietro questa operazione. Se è vero, come rintracciato da Giuseppe Di Lorenzo in un reportage su Contemporanea 2021, che «c’è fame di femminismo» nella performance contemporanea, non è raro che questa si traduca nell’esibizione della sua forma più pop. L’attualità sembra infatti animata da una democratizzazione del femminismo che, per quanto lodevole, ha generato un impoverimento di senso. In questa direzione, il lavoro presentato alla tredicesima edizione di Terreni Creativi non è nient’altro che una performance al femminile. Non basta richiamare sul palco l’uso del chador, scriversi sul corpo vaghe parole-chiave come “BODIES”, riprodurre un brano degli X-Ray Spex o avere uno sguardo femminile per appropriarsi del termine “femminista”. Alla ricerca storico-filologica dichiarata da Foscarini e Lopalco non fa da contraltare una riflessione altrettanto elaborata sul corpo, che risulta, anzi, piuttosto superficiale.
Nel minimalismo della scena e nell’orizzontalità dei quadri proposti al pubblico, la coppia di registi affida alla relazione tra le due performer l'espressione di alcune dicotomie (donna-madre, anarchia-fascismo, tradizione-moda) che sembrano emergere nei vari pezzi del “concerto”. Il ritmo dello spettacolo, così fratturato, incespica in una serie di finti finali prima di coinvolgere tardivamente il pubblico, con un improvviso lancio di tutto lo scotch di carta usato per la performance. Neppure l’esplosione di energia portata da Foscarini e D’Amelio sul palcoscenico dell’Ortofrutticola può emendare la mancata profondità politica e concettuale della pièce, che ha tutto l'aspetto di una marmellata, con i suoi sample dal mondo punk. (E.O.)
Visti a Terreni Creativi Festival, il 5 agosto 2022
Foto di Luca Del Pia
NA CREATURE Long Play Track
1^ nazionale
ideazione e cura Teatringestazione
regia Gesualdi, Trono
dramaturg Loretta Mesiti
musiche dal vivo Alessandro Pezzella
regia video Antonio Arte
una co-produzione TeatrInGestAzione e Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, nell’ambito del progetto Atlante degli Immaginari.
Giacomo
1^ regionale
progetto Elena Cotugno, Gianpiero Borgia
parole Giacomo Matteotti e Interruzioni d’Aula
con Elena Cotugno
costumi Giuseppe Avallone
artigiano dello spazio scenico Filippo Sarcinelli
ideazione, regia e luci Gianpiero Borgia
coproduzione TB e Artisti Associati Gorizia
con il patrocinio di Comune di Fratta Polesine, Fondazione Giacomo Matteotti e Fondazione Filippo Turati
Punk. Kill me please
1^ regionale
ideazione e creazione Francesca Foscarini, Cosimo Lopalco
interpretazione Francesca Foscarini, Beatrice D’Amelio
disegno luci e cura della tecnica Maria Virzì
amministrazione e logistica Federica Giuliano, Eleonora Cavallo
coproduzione Associazione Culturale VAN / FESTIVAL DANZA IN RETE-Teatro Comunale Città di Vicenza
con il sostegno di Centrale Fies_art work space, Teatro delle Rane
con il contributo di ResiDance XL - luoghi e progetti di residenza per creazioni coreografiche azione della Rete Anticorpi XL - Network Giovane Danza D’autore coordinata da L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino: Arteven/Festival Prospettiva Danza e Teatro, Centro di Residenza della Toscana (Armunia - CapoTrave/Kilowatt), CSC Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa, Santarcangelo dei Teatri
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