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  • Roberta Nuzzo

Il Trovatore | Una notte oscurissima


Come secondo titolo in cartellone della stagione 2019/2020, il Carlo Felice propone Il Trovatore, opera messa in musica da Giuseppe Verdi (1813-1901) su libretto di Salvadore Cammarano e rappresentata la prima volta al Teatro Apollo di Roma il 19 gennaio 1853: un vero e proprio dramma romantico dai toni scuri, in cui vendetta e un destino sempre avverso tengono il giogo dell’intera vicenda. Ogni personaggio è all’oscuro di qualcosa e la storia, già travagliata, è ulteriormente complicata da fraintendimenti e malintesi. A tessere costantemente e, talvolta, silenziosamente le fila della storia, troviamo sempre l’ossessiva e nefanda zingara Azucena, qui interpretata magistralmente dal mezzosoprano lituano Violeta Urmana, ruolo questo nel suo repertorio già da parecchio tempo. Ogni sua mossa è studiata e concorre al suo unico scopo: vendicare la madre. Il fatto che Azucena sia portata a comportarsi in modo così estremo, in senso negativo, può anche essere spiegato a partire dall’emarginazione sua e della madre all’interno della società in cui vivono, in quanto zingare, etichettate come streghe. E da questo male può solo scaturire odio e vendetta

In questa produzione, con la sua lunga esperienza, ha confermato di essere perfettamente in parte per un ruolo sia vocalmente che interpretativamente impegnativo: note molto basse e molto alte coesistono nello stesso brano e, ai toni vendicativi e fieri della prima parte dell’opera, ha saputo alternare follia e delirio nella scena della torre per poi ritrovare un’agghiacciante lucidità nel finale. Anche quando non è in scena, si percepisce il suo operare, come un vero deus ex machina. Lo stesso Verdi nutriva per questo personaggio grande rispetto. Infatti, il 9 aprile 1851 scrisse al librettista: “Non fare Azucena demente. Abbattuta dalla fatica, dal dolore, dal terrore, dalla veglia, non può fare un discorso seguìto. I suoi sensi sono oppressi ma non è pazza.

In questo nuovo allestimento che vede la regia di Marina Bianchi e le scene e i costumi di Sofia Tasmagambetova e Pavel Dragunov, l’opera viene trasportata in un’ambientazione piuttosto banale, classicamente gradevole ma statica. Non si aggiunge nulla al libretto, dando motivo ai puristi più radicali di tirare un sospiro di sollievo. I personaggi rimangono fermi dove si trovano a cantare le loro arie, senza creare un tessuto drammaturgico di sentimento, degno di una musica così travolgente.

Ho assistito a due recite dello spettacolo nelle quali cambiava solo il soprano interprete di Leonora. Ne ho tratto conclusioni e impressioni molto diverse che in entrambi i casi hanno determinato l’esito dell’intera recita. Sebbene la Leonora di Vittoria Yeo vantasse una voce timbricamente molto appagante e piena, una tecnica collaudata e salda, acuti limpidi e ben impostati, non ha saputo convincermi appieno come attrice. Il suo personaggio, per quanto non abbia lo spessore di quello di Azucena o di Manrico, non trasmette il trasporto dovuto. Nonostante la nota cantata sia eseguita precisamente, con il resto del corpo, non comunica nulla: il suo amore per Manrico, la disperazione per essere creduta infedele, la sua decisione di bere il veleno e persino le sue terribili parole “Mi avrai, ma fredda esanime spoglia” e il successivo spegnersi tra le braccia del suo amato. Nella recita del 27 novembre, invece, Leonora era interpretata da una ben più emozionante e appassionante Rebeka Lokar. Sfoggiando un timbro cristallino e un canto sul fiato da manuale nell’aria “D’amor sull’ali rosee”, ha saputo trasmettere quello che stava dicendo con profonda convinzione.

Nessuna buona notizia per il monocromatico tenore Marco Berti, a cui si sarebbe dovuto chiedere un’evoluzione maggiore in tutto il corso dell’opera. Manrico dà il nome al titolo e ha un milione di sfumature prima di arrivare alla celeberrima “Pira”: geloso verso Leonora, guerriero e furente verso il Conte, incredulo e vacillante con la madre che lo manipola da quando lo ha rapito al vecchio conte di Luna e gli fa credere quello che vuole, per realizzare il suo malefico disegno. Così nulla è scintillato nei nostri cuori mentre si giustificava con la madre per non aver ucciso il conte e nemmeno mentre dichiarava freddamente il suo amore con “Ah sì, ben mio, coll’essere”, pagina di incredibile valore patetico. Ugualmente spoglia della naturale passione che un figlio prova per la propria madre, è stata la scena della torre in cui il tenore dovrebbe consolare affettuosamente ma, non senza timori, la madre che sta vaneggiando.

Il ruolo del conte di Luna spettava al baritono Massimo Cavalletti, che ha affrontato la difficile parte con impegno e costanza. Nonostante qualche incertezza nell’acuto e un legato* non sempre perfetto, la sua scena “Tutto è deserto” e poi l’aria “Il balen del suo sorriso” sono stati eseguiti con intensità e precisione. I ruoli comprimari sono stati degnamente ricoperti da Didier Pieri (Ruiz), Mariano Buccino (Ferrando) e Marta Calcaterra (Ines).

A stringere in mano le briglie di un Verdi concitato e fieramente romantico, troviamo il direttore d’orchestra Andrea Battistoni, alla testa dell’orchestra del Carlo Felice di Genova. Giustamente e lungamente applaudito, sebbene, nella recita domenicale abbia scelto tempi più lenti, complice, probabilmente, una evidente disomogeneità del cast.

*Con il termine legato s’intende la tecnica vocale o strumentale di eseguire una serie di note ravvicinate, senza interruzione, una dopo l’altra.

Domenica 24 novembre 2019 e mercoledì 27 novembre 2019, Teatro Carlo Felice, Genova.

Limiti: cast disomogeneo, regia banale e statica.

Pregi: Conte di Luna e Azucena meritevoli di applausi.

Direttore d’Orchestra, Andrea Battistoni

Regia, Marina Bianchi

Scene e costumi, Sofia Tasmagambetova e Pavel Dragunov

Luci, Luciano Novelli

Maestro d’Armi, Corrado Tomaselli

Scenografo collaboratore, Leila Fteita

Assistente alla regia e coreografie, Tiziana Colombo

Nuovo Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice

Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice

Maestro del Coro Francesco Aliberti

Personaggi e interpreti principali

Conte di Luna, Massimo Cavalletti

Leonora, Vittoria Yeo

Azucena, Violeta Urmana

Manrico, Marco Berti

Ferrando, Mariano Buccino

Ines, Marta Calcaterra

Ruiz, Didier Pieri

Un vecchio zingaro, Filippo Balestra

Un messo, Antonio Mannarino

oca, oche, critica teatrale
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