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  • Marco Gandolfi

Quartett | Attraverso uno specchio oscuro


L'opera Quartett di Luca Francesconi fu commissionata dal Teatro Alla Scala per la stagione 2011; dopo il felice esordio milanese la produzione ha raccolto successi in diversi teatri, entrando di fatto nel repertorio operistico mondiale in breve tempo: il titolo aprirà la stagione 2020-21 della Staatsoper di Berlino. Considerato che i cartelloni operistici sono spesso dominati da classici ottocenteschi, già questo è una notizia; il fatto che addirittura l'opera sia oggetto di una ripresa a distanza di otto anni alla Scala dovrebbe togliere ogni dubbio non solo sulle qualità intrinseche del lavoro, ma specialmente sull'accoglienza positiva da parte del pubblico. E, lateralmente, porre anche un interrogativo più generale sul perché i cartelloni operistici siano spesso una sorta di ingessata capsula del tempo, e si limitino a reiterare ossessivamente nomi e titoli ottocenteschi con rare punte nel Novecento, tralasciando quasi sempre esempi contemporanei. Esistono eccezioni certamente, questa è una; la politica della Scala di riservare particolare attenzione a esordi (nella stagione 2019-20 è stato il turno di Kurtàg con il suo Fin de Partie da Beckett) è lodevole e necessaria, anche se forse solo una risposta parziale alla crescente esigenza di accostare ai capolavori consolidati e imprescindibili anche uno sguardo più contemporaneo, che avvicini lo spettatore di oggi a temi spesso senza tempo.

L'opera di Francesconi è ispirata all'omonima pièce teatrale di Heiner Müller, che mette liberamente in scena il celeberrimo romanzo epistolare di Pierre-Ambroise-François Chodelos de Laclos, Le Relazioni Pericolose. L'adattamento che Müller compie va nella direzione di estrarre una porzione astratta e cerebrale della lotta della seduzione e degli egoismi tra i due protagonisti: la Marchesa de Merteuil e il Visconte de Valmont. I due - in un crescendo di selvaggia autodistruzione - si sfidano, tra reciproche gelosie, a sedurre e corrompere diversi personaggi che nella messinscena sono recitati dagli stessi due personaggi - si badi bene non semplicemente dagli stessi attori. Questo intrinseco meccanismo caleidoscopico dei ruoli incarnati dai personaggi è replicato nell'opera di Francesconi, che vede nel cast Allison Cook e Robin Adams.

L'aspetto più intrigante e lucido di Quartett - a cui contribuisce sia la regia che la componente musicale - è l'esplorazione del significato sociale della vicenda de Le Relazioni Pericolose, che a una prima osservazione potrebbe sembrare nulla di più di un ritratto quasi caricaturale di una sfaccendata aristocrazia decadente. Mutando di poco la prospettiva, Quartett illumina invece un intero universo sociale in disfacimento, proprio perché basato sulla fondamentale ingiustizia del privilegio, che - se portato alle estreme conseguenze morali - dà vita a personaggi come la Merteuil e Valmont, vittime del loro narcisistico egoismo. In questo lugubre solipsismo a due sta la chiave della loro inemendabile sofferenza e il tragico destino di autodistruzione, più che nell'opera di progressivo sfaldamento delle pareti della loro reggia da parte dell'OUT.

Francesconi concentra l'azione nel corpo centrale dell'opera, sulla doppia seduzione che Valmont realizza sulla bigotta madame de Tourvel - scatenando le gelosie della Merteuil - e sulla giovane Volanges - nipote della Marteuil che istiga Valmont alla conquista per fare un dispetto al futuro marito della giovane. Nella recitazione delle scene avviene lo scambio e l'impersonificazione dei ruoli: Valmont e Merteuil si scambiano la parte più volte, e incarnano anche le vittime della seduzione. Questo espediente non ha semplicemente un movente metateatrale, ma anche un significato collegabile in modo duplice all'aspetto politico. Da una parte rappresenta l'egoistica proiezione di potenza dei due personaggi, che sono capaci di vedere il mondo e gli altri solo attraverso il filtro del loro desiderio più immediato - fino appunto a incarnare gli altri come proprie proiezioni; dall'altra lo svelamento della loro identità come un guscio vuoto di pura volontà desiderante senza alcuna traccia di empatia o personalità altra, tanto da portare gli stessi personaggi al disfacimento progressivo all'emergere di questa realtà.

Visivamente lo spettacolo è di una struggente bellezza. Merito anche delle videoproiezioni che spesso interagiscono con l'azione ingigantendone la scala, e delle luci che modulano il sentimento della rappresentazione. Si ha spesso la sensazione di un sovraccarico simbolico di stimoli, tra gli elementi visuali, la recitazione, il canto, e la complessa stratificazione musicale. La perfezione a cui Quartett ambisce è fatta di aggiunte, raramente di sottrazioni; quando queste ci sono - come il fatto di affidarsi a due interpreti - sono il risultato di un adattamento da materiale esterno. La via scelta dall'opera è probabilmente più problematica e complessa - in un certo senso barocca, e non tanto curiosamente anche qui l'associazione tra postmoderno e barocco riemerge - ma ha comunque successo.

oca, oche, critica teatrale
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