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  • Marco Gandolfi

Le Troiane | La gloria della sconfitta


Ecuba -Maddalena Crippa- e Coro_ph. Franca Centaro

Nell'ideale dittico tragico scelto per la 55esima edizione del Festival del Teatro Greco di Siracusa, Le Troiane è la controparte irrimediabilmente cupa e oscura di Elena. Qui la guerra di Troia è appena terminata, la città assediata finalmente vinta e piegata dopo innumerevoli tragedie, lutti e sofferenze. Vinti e vincitori vestono in modo uniforme, ricoperti di cenere - la cenere che alla fine della messinscena sarà evocata dal fuoco della città data alle fiamme.

Ma a differenza dell'altra tragedia, Elena qui è processata per le disgrazie perpetrate in suo nome mentre Menelao ed Ecuba rivestono il doppio ruolo di accusatori, con un esito di condanna comune. La scelta di rappresentare a giorni alterni le due tragedie è forse il maggior pregio di questa edizione della rassegna: quello che è condiviso dalle due - opposte nel trattare la figura di Elena - è la denuncia della vana follia della guerra, al di là dei torti e delle ragioni.

Una foresta morta copre quasi interamente il palcoscenico e fa da sfondo all'intera azione. La scelta di Muriel Mayette-Holtz di mantenere costantemente il coro attivo in scena dona una partecipazione comunitaria alla rappresentazione di cui lo stesso pubblico si sente parte. Ecuba si rivolge alle donne troiane che rispondono e intervengono continuamente nell'azione drammatica, donandole quella sorta di immediatezza tipica delle comunità abituate a vivere e interagire “in piazza” e che probabilmente era nelle intenzioni drammaturgiche originali. Così appaiono un poco forzati gli interventi musicali del coro stesso che - accompagnato da una chitarra - intona semplici melodie, spesso di lamento. Più organici sono gli interventi di canto a pura voce che Ecuba/Maddalena Crippa articola senza soluzione di continuità rispetto alla recitazione.

La performance che ruba il favore del pubblico è quella della disperata Cassandra / Marial Bajma Riva, trasformata in baccante frenetica -così la definisce Ecuba- dopo aver saputo di essere diventata bottino di guerra: lei, vergine votata ad Apollo, è destinata ad andare in sposa a un generale greco. La sua isterica euforia per le nozze è solo una disperata esultanza per mascherare l'orrore. Quando questo si affaccerà alla sua coscienza, la furia divinatrice pronosticherà tutte le sventure che attendono i greci: dalla tragedia che incombe sulla casa di Agamennone al lunghissimo viaggio che Odisseo dovrà compiere per tornare a casa e quello che lì lo attenderà.

La prima de Le Troiane ph. Bianca Burgo

Il momento più agghiacciante de Le Troiane è l'esecuzione del bambino figlio di Ettore e Andromaca, colpevole solo di poter un giorno rinnovare la stirpe troiana. Qui è ricreato con straziante precisione, merito della Andromaca di Elena Arvigo. Purtroppo Paolo Rossi nella parte del messo greco Taltibio non convince al di là dei suoi demeriti: il suo personaggio così legato per il pubblico a una particolare maschera comica, con le inflessioni vocali e fisiche note, crea una inevitabile distorsione nella ricezione della tragedia. Questa opinabile scelta di casting risulta ancora più incomprensibile visto che è difficile immaginare che la sua presenza, tra l'altro poco pubblicizzata, in un ruolo non di primo piano, possa attrarre qualche particolare fetta di pubblico.

Il verdetto sulle follie e miserie umane che emerge da Le Troiane sarebbe inappellabile se non fosse per la dignità del dolore delle donne vinte e perdute che ne sono protagoniste. Il curioso destino della città di Troia è stato quello di essere resa eterna attraverso la sua onorevole sconfitta, in una guerra assurda che ha trasformato gli stessi vincitori in sopravvissuti tragici.

In tante culture umane la cenere è usata ritualmente sul corpo o sul volto con vari significati: pentimento in alcuni riti cristiani, purificazione in certe manifestazioni dell'induismo. Qui troiane e greci sono cosparsi sul volto e i vestiti di cenere, uniformemente e senza distinzione: la cenere dell'incendio di Troia. È il monito simbolico della follia tragica a cui l'agire umano accecato dalla brama e l'orgoglio può giungere, trascinando con sé vincitori e vinti.

Elementi di pregio: la tensione e partecipazione delle tre protagoniste troiane; il coro.

Limiti: la scelta di Paolo Rossi.

Opera di | Euripide

Traduzione | Alessandro Grilli

Regia | Muriel Mayette-Holtz

Regista assistente | Mercedes Martini

Progetto Scenico | Stefano Boeri

Costumi | Marcella Salvo

Musiche | Cyril Giroux

Disegno Luci | Angelo Linzalata

Drammaturgo | Cristiano Leone

Assistente per il progetto scenico | Anastasia Kucherova

Direttore del coro | Elena Polic Greco

Direttore di scena | Giuseppe Coniglio

Assistente volontario | Ginevra Di Marco

Coordinatore allestimenti | Marco Branciamore

Responsabile sartoria | Marcella Salvo

Progetto audio | Vincenzo Quadarella

Responsabili settore scenografico | Antonio Cilio, Carlo Gilè

Responsabile trucco e parrucco | Aldo Caldarella

Poseidone | Massimo Cimaglia

Atena | Francesca Ciocchetti

Ecuba | Maddalena Crippa

Capo coro | Elena Polic Greco

Corifea | Clara Galante

Taltibio | Paolo Rossi

Cassandra | Marial Bajma Riva

Andromaca | Elena Arvigo

Astianatte | Riccardo Scalia

Menelao | Graziano Piazza

Elena | Viola Graziosi

Chitarrista | Fiammetta Poidomani

Capo coro di vecchie prigioniere troiane | Doriana La Fauci

oca, oche, critica teatrale
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