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Matteo Valentini

Tropicana | Non il solito disagio


Se Tropicana dovesse dotarsi di un “esergo”, di una citazione topica capace di riassumere in sé l’intero senso dello spettacolo, dovrebbe cercarlo nella cabina di montaggio degli Occhi del cuore 3 (per i non iniziati, si rimanda alle tre stagioni di Boris e alla sua versione cinematografica): “Questa è l'Italia del futuro: un paese di musichette, mentre fuori c'è la morte”. L’immobilismo catatonico di fronte alla catastrofe, l’incoscienza leggera e insieme opprimente della propria condizione sono, infatti, i punti di partenza di Tropicana: nelle primissime battute dello spettacolo, per esempio, in cui tutti e quattro gli interpreti sono seduti a ingollare succo di frutta e a interrogarsi sulla natura della luce arancione che taglia l’oscurità del palcoscenico, Francesco Alberici propone: “O è l’inizio di un’esplosione e stiamo per essere travolti, oppure è la fine di un’esplosione e siamo già stati travolti. Non saprei dirlo con esattezza”.

Frigoproduzioni in Tropicana

L’immagine dell’esplosione collega e spesso sovrappone i due piani in cui è strutturato lo spettacolo di Frigoproduzioni: da una parte, le dinamiche che hanno portato il Gruppo Italiano a produrre, tra il 1982 e il 1983, l’unico grande successo del suo breve percorso, ossia Tropicana (con la sua esplosione “dolce, dolce”); dall’altra, i profili di quattro giovani attori che intendono raccontare questa storia attraverso le loro identità esplose, frammentate in scenari hollywoodiani o televisivi – non c’è discorso che non possa essere deragliato in una pubblicità, non c’è immagine mentale che non sia già stata vista in un film.

Il frequente ma delicato passaggio tra i due piani costruisce un rapporto non soltanto analogico o metaforico, ma di consequenzialità, che fa derivare i germi dell’odierna instabilità delle prospettive, delle convinzioni e dei legami affettivi, dalla funerea spensieratezza dell’estate 1983.

Leggere la precarietà contemporanea a partire dal singolo del Gruppo Italiano, dal suo accompagnamento musicale e dalle sue intenzioni – eminentemente commerciali –, facendone un rappresentante dell’atmosfera di edonismo yuppie in cui è stato prodotto, slega lo spettacolo di Frigoproduzioni dal tono canonico dell’“opera della crisi”, e legge l’adolescenza slabbrata fino ai trent’anni, l’incancrenirsi delle aspettative coltivate da genitori abbienti, l’arrivismo obbligatorio per emergere, la mediocrità come valore positivo, la prostrazione davanti al mercato, non secondo un lamento accidioso e autoassolutorio, ma in una prospettiva storica e, soprattutto, culturale. Viene così suggerito un collegamento tra le due stasi di fronte alla catastrofe, durante il quale le assolate spiagge tropicali sono divenute sabbie mobili .

La decostruzione di uno dei prodotti italiani più noti e fraintesi degli ultimi trent’anni è la chiave di volta dell’intero spettacolo, a partire dall’ambiguità del titolo, ed è affidata soprattutto ai monologhi dei quattro attori che frammentano la narrazione, ponendola a metà tra i due piani: la presenza sul palco di Francesco Alberici, collaboratore di Deflorian/Tagliarini, riferisce questo sdoppiamento della storia e dei suoi protagonisti alla personificazione divagante tipica degli autori di Quasi niente (finalista al premio Ubu 2019), con la differenza che se le derive di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini lambiscono il limite tra il palcoscenico e il reale, quelle dei componenti di Frigoproduzioni si muovono sempre ben all’interno dell’orizzonte “fittizio” dello spettacolo, sono percepite come strutturate e generano, per questo loro essere all’interno di un quadro definito e riconoscibile, una grande potenza comica.

Elementi di pregio: il cambio di punto di vista nella narrazione del “disagio” dei grandi adolescenti contemporanei è necessario, oltre che interessante.

Limiti: il monologo che conduce alla scena finale dell’esplosione risulta eccessivamente didascalico.

Visto il 29 novembre al Teatro Franco Parenti di Milano

con Francesco Alberici, Salvatore Aronica, Claudia Marsicano, Daniele Turconi

drammaturgia collettiva a cura di Francesco Alberici

scenografia Alessandro Ratti

in collaborazione con Sara Navalesi

disegno luci Daniele Passeri

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