Quando Elena Cotugno, coautrice e protagonista di Medea per strada, esce dal furgoncino che, muovendosi per le strade di Torino, è palcoscenico e platea insieme dello spettacolo, i sette spettatori che costituiscono la massima capienza della rappresentazione rimangono a bordo e sono accompagnati verso il Teatro Astra da cui erano partiti circa un'ora prima. La scelta di far loro trascorrere qualche minuto di forzata riflessione in silenzio si dimostra felice: l'eco del tragico climax del mito di Medea si espande assordante nel petto e si collega ineluttabile con la storia unica e irripetibile, ma allo stesso tempo comune e nota, del personaggio protagonista, una ragazza rumena vittima del traffico di esseri umani e della macchina senza pietà della sfruttamento della prostituzione.
Medea per strada si muove letteralmente per le strade delle nostre città dove avvengono i fatti a cui si ispira. Il furgoncino a bordo del quale lo spettacolo prende vita è immerso nel traffico e nel caos, l'odore del gas di scarico fa parte dell'atmosfera in cui si è immersi così come le canzoni che la protagonista ci fa ascoltare durante il tragitto. Il condotto di trasmissione teatrale è ripulito, reso trasparente nella tensione verso quello spazio vuoto che Peter Brook ha individuato come punto di arrivo della sublimazione comunicativa.
L'eredità di Medea per strada è un dirompente terremoto emotivo che nasce dall'avvicinamento al dolore di una vita umana, abbattendo per quanto possibile ogni distanza e recinzione. Risultato ascrivibile alla felice combinazione del talento mimetico di Elena Cotugno oltre che alla struttura e modalità della rappresentazione.Lo spettacolo si svolge in strada, dove nasce da una ricerca prolungata e approfondita con le organizzazioni che si occupano del fenomeno della prostituzione offrendo aiuto alle vittime.
I frutti di questo approfondimento sono evidenti nell'articolata vicenda biografica rappresentata e che va a toccare i dispositivi classici utilizzati dai trafficanti: il falso Principe Azzurro, il sequestro dei documenti, l'isolamento, la manipolazione psicologica. Questo lavoro di analisi ha lo scopo di illuminare e circostanziare l'etichetta "fenomeno della prostituzione" con la soggettività carnale di una sua ipotetica ma verissima protagonista. Conoscere per deliberare, come ci suggerisce alla fine dello spettacolo Elena Cotugno, smessi i panni della protagonista. Infatti l'altro vantaggio di una platea così esigua e vicina è il momento dei saluti, che diventano quasi personali, l'applauso meno scrosciante di quello di un teatro vero, ma probabilmente più sincero. Medea, nella sua furia autodistruttrice, uccide i figli di Giasone quando lui la abbandona. Incarnare il ruolo rituale dello straniero che porta alle conseguenze estreme il modello di vita del paese che lo ospita: è questo il commento finale che la protagonista ci lascia prima di scendere dal furgone. Tolta la parrucca e dismessi i panni della prostituta,ci confida di essere arrivata in Italia per godere i frutti del giardino solo per scoprirne la vera natura di falsità e sopruso, violenza e cecità.La muta e indomabile sofferenza di Medea è quella del dolore senza paura: la strada che deve percorrere è quella ritualmente prescritta a chi non ha alcuna scelta.
Elementi di pregio: la scelta di annullare le distanze ambientando lo spettacolo su un furgoncino in viaggio per le vie della prostituzione.
Limiti: per sua natura l'esperienza è destinata a una minoranza di spettatori.
Visto martedì 11 giugno 2019.
di Elena Cotugno e Fabrizio Sinisi
regia Giampiero Borgia
con Elena Cotugno
drammaturgia di Elena Cotugno e Fabrizio Sinisi
ideazione e regia Gianpiero Borgia
distribuzione Associazione Lucciola - Paolo Gorietti e Marianna Pezzini
ufficio stampa Antonietta Magli
comunicazione Margherita Cristani
amministrazione Delia Tondo
produzione Teatro dei Borgia.
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