L'adattamento di Otello, messo in scena da Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli per il Teatro dell'Elfo, fa un uso assai sottile dell'espediente metateatrale della scena nella scena. Sul palcoscenico uno spazio delimitato da tendaggi mobili racchiude l'azione recitata, mentre attorno gli attori momentaneamente non coinvolti operano sulla scenografia o rimangono in attesa sempre visibili al pubblico. Un grande telo di plastica trasparente diventa una parete dietro cui Otello spia un dialogo, oppure il mare in tempesta che distrugge la flotta turca: elementi posizionati e azionati ora dagli attori, ora dai personaggi stessi. Gli scarni elementi scenici, costituiti da semplici parallelepipedi grigi, sono mossi senza stacchi di scena, venendo a formare in configurazioni diverse, ora scene di interno, ora elementi naturali. Si mantiene così facendo una suggestiva unità narrativa che trascende perfino l’originaria divisione in atti. Queste scelte sceniche suggeriscono una declinazione ulteriore alla classica interpretazione di Otello come tragedia della manipolazione, messa in moto dalla maestria di Iago nell'uso della parola per cospirare contro il protagonista. La trasformazione in scena della fisicità della rappresentazione sembra implicare il carattere teatrale non solo del meccanismo di indagine e azione del «malefico cospiratore», ma dell’essenza stessa dei rapporti umani. Ed è quindi nient'affatto paradossale che il peso e la preponderanza di Iago siano bene evidenziati nella prima lunga parte della tragedia, come nella scrittura di una sceneggiatura che si svolgerà da sé una volta innescata, a partire dalla fabbricazione della prova contro Desdemona. Federico Vanni riesce ottimamente a rendere uno Iago in continuo equilibrio tra cinismo, dolore e autocompiacimento; per poi scomparire nel tragico epilogo - fino al rifiuto della parola - cedendo il posto alla febbrile e allucinata spirale autodistruttiva di Otello. Le asciutte musiche di Silvia Colasanti ben si armonizzano con la freddezza e il minimalismo scenico, anche se probabilmente questa scelta favorisce al meglio solo la costruzione del calcolato inganno di Iago. La nuova traduzione di Ferdinando Bruni ha il pregio della vivacità e immediatezza linguistica, senza mai trascurare la contestualizzazione scenica già presente nell'originale: così se Iago si esprime per lo più volgarmente in un italiano contemporaneo con Roderigo, il dialogo a più voci nella stanza del Doge è un esempio di forbitezza e musicalità. Non sorprende certo che il testo shakespeariano per eccellenza, dedicato al potere manipolatorio della parola e allo scarto tra significato e significante, si presti a infinite variazioni sul tema. Questa versione, pur nel solco di una tradizione interpretativa, riesce con alcune intelligenti scelte sceniche e registiche a continuare questa esplorazione. Elementi di pregio: l'uso delle scene; lo Iago di Federico Vanni. Limiti: la recitazione dell'epilogo è meno convincente. Visto al Teatro Elfo Puccini Milano domenica 20 maggio 2018. Otello di William Shakespeare traduzione di Ferdinando Bruni regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli assistente alla regia Sofia Sironi scene e costumi Carlo Sala assistente scene e costumi Roberta Monopoli musiche originali di Silvia Colasanti con: Elio De Capitani (Otello), Federico Vanni (Iago), Emilia Scarpati Fanetti (Desdemona), Cristina Crippa (Emilia), Angelo Di Genio (Cassio), Alessandro Averone (Roderigo/Buffone), Carolina Cametti (Bianca), Gabriele Calindri (Brabanzio/Graziano), Massimo Somaglino (Doge/Montano), Michele Costabile (Ufficiale/Lodovico) luci di Michele Ceglia suono di Giuseppe Marzoli produzione Teatro dell'Elfo con il sostegno di Fondazione Cariplo
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