Gemme buie | Residenze al Teatro Akropolis
- Letizia Chiarlone
- 18 ore fa
- Tempo di lettura: 3 min
Anche quest’anno il Teatro Akropolis ha portato avanti un programma di residenze che ha visto come protagonisti numerosi artisti provenienti da parti diverse d’Italia, con una serie di appuntamenti tra i mesi di marzo e aprile 2025. L’Oca ci ha messo il becco, seguendo da vicino le prove e le interviste e assistendo alla restituzione generale rivolta al pubblico. Infine, ha allungato direttamente le zampe palmate sulla tastiera e ne ha scritto, dando vita a diversi diari di bordo, consultabili nella sezione Residenze artistiche 2025 sul sito di Teatro Akropolis. In quanto progetto di ricerca e creazione, le residenze Akropolis sostengono artisti desiderosi di porre in atto un’idea, generando lavori che, nelle loro prime fasi di vita, hanno la natura di work-in-progress.

Fondamentale per gli artisti ospitati è stato il confronto con la scatola nera, lo spazio teatrale in senso canonico. La performance site-specific di Francesca Pedullà e Claudia Tomasi, rimossa dal suo ambiente originario, tra le rocce pugliesi, è stata calata in un contesto completamente estraneo rispetto al punto di partenza, quello della scatola nera, appunto, per ricavarne possibilità performative. E così è stato per Michael Incarbone e Max Gomard, i quali sono stati ispirati da ciò che li circondava, cioè dall’ambiente a disposizione, nell’aggiungere elementi al loro spunto di ricerca. Il tapis roulant di Gaetano Palermo e Michele Petrosino, invece, è stato sradicato dal contesto di una palestra con il suo tappeto sonoro di sottofondo per trovare rifugio tra le assi di legno nere del Teatro Akropolis, mentre le note della fuga bachiana accompagnano i venti minuti di corsa di Petrosino. Gruppo nanou ha approfittato della conformazione spaziale della sala per ruotare a proprio piacimento la scena, addirittura optando per un tappeto da danza nero, rispetto al solito bianco, per accordarsi alle note scure dell’ambiente.
Diverse sono le parole chiave che tornano per ogni esibizione, lasciando spazio a una eterogeneità di pensiero e di esigenze.
“Origine”, è quella che meglio descrive la ricerca di Pedullà e Tomasi, Crolli silenziosi, che nell’essenzialità dei loro gesti, in quel passaggio lento e misurato di una pietra tondeggiante come punto di contatto tra i loro corpi, ricorda allo spettatore la connessione viscerale con la natura, con l’esoscheletro della terra e la polvere a cui farà ritorno.
“Inquadratura”, per gruppo nanou, con Camera 2046, è la parola in questione. Che essa sia cinematografica o immortalata dal nostro sguardo, l’inquadratura viene intesa come limite che non deve costringere ma invitare ad andare oltre, nella commistione tra coreografia e medium cinematografico, invitando ad esplorare oltre lo schermo, in una trama sottile di rimandi e allusioni.
“Potenza” è l’aspetto che sembrano rivendicare Palermo e Petrosino in Fuga, insito nella tendenza moderna a tendere verso il progresso, qui disinnescata da un moto continuo volto a una meta irraggiungibile di per sé, data l’effettiva immobilità del mezzo. Non mancano però di richiamare l’attenzione del pubblico, invitandolo ad essere presente a sé stesso.
“Identità” è ciò che contraddistingue la ricerca di Incarbone e Gomard che, appunto, chiamano la propria restituzione We are who we are, siamo ciò che siamo. L’uomo si pone domande per propria natura e definisce sé stesso per negazione in rapporto con l’altro, con il diverso, con gli stereotipi.

Origine, inquadratura, potenza, identità si mescolano in una trama tutta da scoprire e assaporare, come fili intrecciati che, tirati uno ad uno, ci conducano verso una meta indefinita. L’invito a recarsi sul sito di Teatro Akropolis resta valido, pronto a soddisfare la curiosità che si spera di aver suscitato nel lettore.
Piccole gemme brillano nel buio della sala teatrale. Non vi resta che addentrarvi al suo interno per scoprirle.
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