Veronica Righetti ricopre il ruolo di direttrice organizzativa presso il Teatro Akropolis, realtà attivissima del Ponente genovese e particolarmente nota per l'organizzazione del festival annuale "Testimonianze ricerca azioni". Ha risposto alle nostre domande il 16 maggio.
1) Da un punto di vista umano, cosa ha significato per te la chiusura dei teatri? Come stai vivendo questo periodo di serrata a livello personale?
Sicuramente una grande mancanza di quotidianità, ma con la consapevolezza che non c’era altra via percorribile. Tutti noi di Teatro Akropolis in questo momento ci stiamo dedicando allo studio, all’ideazione di nuovi progetti e a tutte quelle attività che questo momento di emergenza consente di portare avanti. Sono cose a cui abbiamo sempre dedicato il più possibile del nostro tempo. Ora, di tempo, ne abbiamo un po’ di più.
2) Sapresti quantificare - in termini economici o con altri parametri oggettivi - la perdita subita (da te personalmente e/o dall'organizzazione in cui lavori) da quando è iniziata questa chiusura?
La perdita economica è di circa il 20% del bilancio annuale di Teatro Akropolis.
3) Qual è concretamente la situazione attuale tua o della tua compagnia/organizzazione? Come ti stai muovendo/vi state muovendo, quali sono le prospettive?
Molti progetti che erano in essere sono stati sospesi, mentre altri (i corsi di teatro, ad esempio) sono stati riconvertiti in digitale. Alcuni dei nostri dipendenti stanno lavorando a orario ridotto e usufruiscono per le ore restanti della cassa integrazione in deroga. La voglia è quella di ricominciare il prima possibile.
4) Come pensi che le istituzioni (Governo, Regione, Comune) dovrebbero agire in questa fase?
Il Covid-19 ha fatto emergere con forza le contraddizioni che il sistema spettacolo ha al suo interno, e ha messo in luce la fragilità dell’intero settore. In questo momento le istituzioni dovrebbero fare rete, coordinarsi tra i diversi livelli dell’amministrazione e, oltre a provvedere alle decisive misure legate all’emergenza, mettere in campo delle azioni che aprano la strada ad una riforma strutturale. È necessario riconoscere e dare dignità alle diverse figure professionali che lavorano nello spettacolo, magari facendo le dovute distinzioni tra chi certi lavori li fa di mestiere e chi invece nei ritagli di tempo, e capire che certe strategie perfette per un settore si rivelano inconsistenti per un altro (si pensi al turismo e allo spettacolo, riuniti sotto lo stesso ministero). La cultura, in un Paese come l’Italia, dovrebbe essere considerata almeno alla pari di altri settori.
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