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  • Marta Cristofanini

Estatiche Danze: un Rapimento


Quando lasciamo il Salone del Maggior Consiglio presso il Palazzo Ducale, una leggerezza riverberante si trasmette, come un allegro contagio, da una persona all'altra. Si continua a respirare la profonda sacralità del cerimoniale appena vissuto, uno specchio incantato a cui a malincuore bisogna voltare le spalle pur sentendolo ancora vorticare dentro.

“Le Vie dell'Estasi”, spettacolo-esperienza quasi inaugurale del Festival Musicale del Mediterraneo giunto emozionato alla sua ventottesima edizione e presentato dal direttore Davide Ferrari, è stato anche questo: un religioso silenzio calamitato dalle tracce dense scolpite nell'aria prima dai corpi vibranti e ondivaghi dei danzatori Deos, poi dall'eterno girare delicato e luminoso dei Dervisci rotanti del Sema Ensemble, a cui partecipa anche il regista e coreografo Giovanni Di Cicco: il primo incontro tra Sema Ensemble e alcuni danzatori della Compagnia Arbalete avvenne nel 1997 e il sodalizio spirituale delle due poetiche sembra aver celebrato nuovamente il proprio anniversario durante la serata. L'accompagnamento musicale dal vivo di Echo Art Ensemble ha intrecciato una tela sonora ipnotica, elastica, dove l'eleganza musicale ha elevato i corpi e gli spiriti, restituendo gli uni agli altri.

I danzatori Deos hanno adempiuto a un compito arduo: fecondare lo spazio scenico per renderlo disponibile all'incontro con il sacro. Luca Alberti è il “Maestro di Cerimonie” che apre le danze, dilatando l'energia del perimetro, consegnandolo a una dimensione altra: mano a mano che i danzatori si aggiungono e il gruppo si compatta, le braccia, le gambe, i torsi sembrano farsi pennelli, i colori delle movenze persistono nell'aria ed emozionano per l’intensità grave condensata nel gesto. Emanuela Bonora, Massimo Cerruti, Michela Cotterchio e Aldo Nolli annunciano quell'estasi da cui loro stessi provengono, tracciando nell'aria segni silenti di incontri con il divino. La ripetizione, la circolarità, ogni elemento della partitura coreografica sembra essere un'annunciazione pagana invocante verità.

Il passaggio dalla danza contemporanea al rituale derviscio avviene con grande naturalezza, la lentezza riflessiva immerge lo spettatore in uno spazio e in un tempo trasformati, in cui ogni passo e ogni inchino, preliminari alla liberazione dall’ignoranza e dalla materia e simboleggiati dal mantello nero che li avvolge, diventano fondamentali. Nel momento in cui, liberati, i dervisci cominciano a roteare davanti al Maestro (l'anziano shaykh), le gonne bianche si schiudono simili a fiori, la mano destra raggiunge il cielo mentre la sinistra si mantiene orizzontalmente orientata verso terra, allegoria potente del loro essere tramite tra il divino e l'umano. Il cappello alto e scuro raffigura tuttavia la pietra tombale ed è una danza con l'aldilà quella che volteggia lungamente davanti ai nostri occhi, rapendoci. La scansione ritmica dei tamburi simboleggia inizialmente la creazione del mondo seguita poi, nella terza fase, dalla melodia flautata che soffia la vita nelle creature terrestri.

Durante l'ultima parte della serata, assistiamo all'incontro dei due cerimoniali, dove i danzatori Deos abbracciano in un circolo danzante l'avvitarsi semplice e perfetto del Derviscio più giovane, aprendo ulteriormente quello spazio di viva luce, che rievoca in noi il senso antico della ritualità, in quell'immagine finale che è il mistero dell'universo e del suo instancabile vorticare: l'amor che move il sole e l'altre stelle.

Visto il 3/09/2019, Palazzo Ducale, Festival Musicale del Mediterraneo

Foto: Marta Cristofanini

Dervisci Galata Mevlevi Sema Ensemble Mustafa Aydın Öksüz tanbur, voce Ahmet Cemal Öksüz flauto ney Selçuk Gürez kudum, voce Deos Dance Ensemble Opera Studio Luca Alberti, Emanuela Bonora, Massimo Cerruti, Michela Cotterchio, Aldo Nolli Kadir Boluğur danza rotante Murat Kanberi danza rotante Nail Kesova Al Sheikh Musiche di Echo Art Ensemble Leila Kerimova viola Yana Odintsova voce Michele Ferrari corde e fiati

oca, oche, critica teatrale
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