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Marco Gandolfi

Giselle | Classicamente romantica


Usualmente Giselle viene considerato come uno dei più significativi esempi del balletto classico: dalla prima rappresentazione nel 1841 la sua fortuna critica e di pubblico sembra intatta anche oggi, nonostante le enormi differenze di contesto culturale. Si potrebbe anche sostenere che - insieme al Lago dei Cigni - costituisca, nell'immaginario del pubblico contemporaneo, cioè che si intende con l'espressione “balletto classico”. L'essere giunti a tale generalizzazione - ovviamente semplificatrice come tutte le generalizzazioni - è testimonianza sia della qualità e ricchezza dell'opera sia della corrispondenza tra la sua forma e tematica con quell'inconscio culturale che permea la civiltà in cui questo balletto è nato.

Carlotta Grisi in Giselle (1841)

La classicità di Giselle si riferisce alla costruzione scenica e coreografica, mentre la natura ideale e tematica è puramente romantica. Ma in particolare il romanticismo di Giselle non è quello dell'eroe in lotta contro il destino o degli ideali che si scontrano con la realtà concreta del potere; si tratta puramente dello sfortunato Amore romantico che la protagonista omonima soffre per il suo amato ingannatore, e che nell’ottica romantica assume connotati di nobiltà derivanti unicamente dalla sua impossibilità. Che il balletto abbia così tanto successo e blasone anche nella nostra cinica età postmoderna, così lontana dalle forme di Romanticismo ottocentesche, potrebbe a prima vista essere interpretato come un puro esercizio di nostalgia retrospettiva. A giudizio di chi scrive invece questa passione per Giselle è un disperato tentativo di retroguardia per credere ancora nell'illusione di un mito, che già nello stesso momento in cui veniva definito si rivelava irrealizzabile.

Tentativo tanto più forte e refrattario ad arrendersi alla realtà quanto più si trova ad essere l’ultimo e quasi unico rappresentante sopravvissuto di una interpretazione magica del mondo, che la postmodernità efficientista ha del tutto seppellito.

La struttura bipartita del balletto racconta, nella sua prima parte, l'innamoramento tragico della contadina protagonista per il Principe Albrecht, che la corteggia spacciandosi per un popolano. Quando, alla fine del primo atto, l'inganno viene svelato, Giselle muore di dolore. Nel secondo atto Albrecht viene preso di mira dalle Villi, vendicatori spiriti femminili che fanno ballare fino alla morte gli amanti infedeli; ma l'amore di Giselle perdura nonostante tutto: danzando come spirito con Albrecht lo aiuta a superare la notte: egli rimarrà esausto e pentito di fronte alla tomba di Giselle poco prima della chiusura del sipario.

La semplicità e asciuttezza dell'arco narrativo vengono, nell'interpretazione coreografica, caricate progressivamente di energia drammatica in entrambi gli atti, fino al rispettivo scioglimento. Quella che non muta mai è la prospettiva impossibile dell'amore che lega Giselle e il Principe e ne sembra costituire il prerequisito, l'essenza. Allo stesso modo - in una variazione metateatrale - l'uso della danza come strumento di punizione da parte delle Villi mantiene costantemente lo spettatore nella coscienza dell'azione: la danza a cui assistiamo non è la rappresentazione di altri fatti, bensì il reale concretizzarsi del dramma. C'è in sostanza un’equivalenza tra la classicità dei mezzi e il romanticismo dell'ideale: il balletto che si danza con perfezione di forma e movimento è l'incarnazione che rende possibile la punizione delle Villi, così come l'illusione che Giselle vuole provare nonostante tutte le indicazioni contrarie e nonostante - addirittura - la propria morte sia necessaria, anzi essenziale, alla creazione dell'Amore romantico. In altri termini Giselle pare dirci che non solo l'illusione amorosa romantica deve essere voluta e creduta, ma addirittura l'impossibilità della sua realizzazione pratica è necessaria per sua celebrazione.

Svetlana Zakharova e David Hallberg in Giselle al Teatro alla Scala

I due étoiles - Svetlana Zakharova e David Hallberg - regalano al pubblico milanese una serata di grande suggestione, coadiuvati dal Corpo di Ballo del Teatro alla Scala. Tra i famosi numeri del balletto ci limitiamo a citare l'affascinante notturno delle Villi: l'onirica scena del loro ingresso è resa stregata dalla semplice illuminazione lunare sui costumi bianchi. Gran parte del secondo atto è dominato dall'impatto coreografico del corpo multiplo delle Villi: se dall'insieme forse manca un po' di necessaria minaccia associabile al loro ruolo vendicatore, per eleganza e bellezza quasi oscura gli assoli.

La conclusione è lasciata al dialogo danzato tra i due protagonisti: Giselle interviene per placare la furia delle Villi e ballando con Albrecht lo accompagna verso la salvezza dell'alba. Metaforicamente ha un significato che sarebbe interessante analizzare nell'ottica dei ruoli maschile e femminile nella storia, paradigmatica e normativa, di questo amore: Giselle ingannata balla dopo la morte per salvare il suo Principe, autore dell'inganno. Cos'è dunque questo amore che sopravvive alla morte? Forse solo una creazione illusoria scritta per raccontare danzando una triste storia ammonitrice? La luce del giorno sul palcoscenico illumina gli ultimi passi sconsolati di Albrecht verso la tomba di Giselle: l'alba è arrivata, l'incubo notturno è finito.

Elementi di pregio: caratura espressiva di prim'ordine della messinscena.

Limiti: la letterale aderenza ai canoni estetici della tradizione.

Visto al Teatro Alla Scala martedì 24 settembre 2019.

Coreografia, Jean Coralli - Jules Perrot

Ripresa coreografica, Yvette Chauviré

Direttore, David Coleman

Scene e costumi, Aleksandr Benois.

Rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli

Giselle, Svetlana Zakharova

Albrecht, David Hallberg

Il Duca di Courland, Alessandro Grillo

La Principessa Bathilde, Marta Romagna

La madre di Giselle, Beatrice Carbone

Hilarion, Mick Zeni

Wilfried, Riccardo Massimi

Il Gran Cacciatore, Massimo Garon

Passo a due contadini, Martina Arduino, Nicola Del Freo

Sei amiche di Giselle, Alessia Auriemma, Christelle Cennerelli, Stefania Ballone, Marta Gerani, Agnese Di Clemente, Denise Gazzo

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oca, oche, critica teatrale
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