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  • Roberta Desderi

L'arbitro di Dio | Tra disumana frustrazione e istrionica esaltazione


L'arbitro di Dio

«Non era goal!»: la frase rompe il silenzio e risuona in tutta la sala dando inizio a L'arbitro di Dio, presente già nella Rassegna di drammaturgia contemporanea 2017. La situazione che si presenta agli occhi dello spettatore rende riconoscibile lo stile minimal del regista Alberto Giusta: tre uomini, di cui uno legato a una sedia. Proprio su Andrea di Casa, Massimo Rigo e Marco Zanutto si concentrano lo spirito e l'energia dello spettacolo: l'intero spazio scenico viene riempito grazie alla recitazione incisiva degli interpreti, che raccontano e vivono l'intreccio stesso. La mancanza quasi totale della scenografia porta con sé un ottimo utilizzo dell'apparato illuminotecnico e delle musiche, che nella loro essenzialità cambiano radicalmente l'impatto di molti momenti scenici.

Elemento portante è la comicità semplice ma assolutamente efficace, tramite la quale il ritmo rimane veloce e costante. La tragicità degli eventi viene spezzata dalle fragorose risate della platea, creata dalle battute taglienti e fulminee degli attori. Merito da attribuirsi al testo, nella traduzione di Carlo Sciaccaluga, che presenta un intreccio assolutamente avvincente nella sua linearità, affidando alle capacità attoriali dei tre interpreti l’intera narrazione. Personaggi profondamente diversi, ma accomunati da momenti di implacabile isteria, si muovono durante tutta la pièce sul confine labile tra disumana frustrazione e istrionica esaltazione: la retrocessione di una squadra di calcio diviene una questione vitale, ma anche occasione per riflettere sulla miseria e bellezza della vita umana, con i suoi pregi e i suoi difetti. Tutto ciò è reso possibile dalle definite caratterizzazioni dei personaggi, curate nei minimi dettagli dagli attori e dal regista, esaltandone la veridicità e umanità, referenziali della società contemporanea.

Numerosi momenti metateatrali arricchiscono la messa in scena, coinvolgendo ulteriormente il pubblico all’interno dell’intreccio. Questo fa sì che un argomento quotidiano come il calcio sia trattato in modo per nulla retorico, perché sapientemente utilizzato come espediente per la messa a nudo della psicologia umana. La leggera ilarità si mescola all'introspezione catturando magneticamente l'attenzione del pubblico: uno spettacolo non collocabile in un genere preciso, e forse proprio per questo comprensibile e apprezzabile da spettatori totalmente differenti, poiché in grado di portare in scena la contemporaneità nella sua comica tragicità.

Elementi di pregio: capacità attoriali degli interpreti, giusto apporto registico, ottimo utilizzo di luci e musiche.

Limiti: epilogo troppo sbrigativo e a tratti confuso.

Visto al Teatro Nazionale di Genova ( Teatro Modena) martedì 6 novembre 2018

Di Robert Farquhar

Regia Alberto Giusta

Interpreti Andrea di Casa, Massimo Rigo, Marco Zanutto

Produzione Teatro Nazionale di Genova

oca, oche, critica teatrale
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