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Peeping Tom e le cronache minori di un mondo andato a male

  • Enrico Pastore
  • 15 ott
  • Tempo di lettura: 5 min

Cominciamo da qui: Chroniques, ideato da Gabriela Carrizo insieme a Raphaëlle Latini, non è il miglior spettacolo di Peeping Tom. Secondo gran parte della critica ci troviamo di fronte a uno spettacolo tra i meno riusciti della compagnia belga. Non lasciamoci però trarre in inganno. Se ci riferisce a Chroniques come spettacolo in minore rispetto al solito, lo si fa appunto all'interno di un contesto di grandi opere a cui ci hanno abituato. È un po' come dire che More o Ummagumma non sono i migliori dischi dei Pink Ployd, ma restano comunque degli album di una delle band più rivoluzionarie della storia del rock non solo psichedelico. E poi: siamo così sicuri che sia un ultimogenito così inferiore ai fratelli maggiori?

Chroniques è uno spettacolo per cinque danzatori co-creatori della partitura visiva: Simon Bus, Seungwoo Park (autore del dipinto sullo sfondo), Cherlie Skuy, Boston Gallacher, Balder Hansen. Ulteriore collaborazione è quella con Lolo e Sosaku, duo artistico nippoargentino residente in Spagna. Chroniques è quindi frutto di molto teste, figlio di molti corpi. 


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Foto di Sanne De Block


Fin dall'apertura del sipario ciò che si mostra allo sguardo dello spettatore è un mondo equivoco e surreale, l'inizio di una storia malsana che non dovrebbe essere raccontata. Se dovessimo usare una categoria per definire questa strana vasca di germinazione in cui prende vita l'illecito, useremmo la parola inglese eerie, nel senso in cui la intendeva Mark Fisher, ossia la stranezza riferita all'inquietudine dovuta a una presenza che non dovrebbe esserci. 

Tutta la scena è un ibrido tra il giardino delle delizie di Hieronymus Bosch e la terra morente dei libri di Jack Vance, un ecosistema in movimento nel tempo a partire da un'oscura origine petrosa verso un altrettanto buio epilogo, abitato da esseri improbabili, violenti, goffi, privi di linguaggio comprensibile. Queste creature hanno tutto del clown senza assomigliarvi nell'aspetto: la comicità crudele, le deformità fisiche, la fascinazione verso le azioni inutili. 

Non vi è nessun afflato naturalistico: tutto è palesemente finto, soprattutto le pietre di gommapiuma dove ripetutamente un interprete sbatte la faccia. Anche le armi sono finte e le pistole scoppiettano come ciocchi nel camino. Si muore e si risorge in continuazione, si gioca anzi con la ruota delle rinascite, proprio come in uno spettacolo di pagliacci. 


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Foto di Sanne De Block


Proviamo a descrivere qualche immagine di esempio per comprendere l'atmosfera di crudeltà giocosa, per quanto ciò sia possibile in assenza di una visione diretta. In un fantasioso e crepuscolare medioevo un uomo è schiacciato sotto una pietra rotonda, quattro soldati lo osservano. Uno addirittura sale sulla pietra per guardare l'uomo dall'alto nei suoi vani tentativi di liberazione, incurante di aumentarne la sofferenza. I quattro, dopo misteriose consultazioni, pensano quindi di aiutarlo facendo rotolare il masso a cui l'uomo rimane però avvinghiato ruotando insieme ad esso continuando a esserne vittima. Quello che era un soccorso si trasforma in un supplizio supplementare.

Seconda immagine: quattro nanetti armati nascosti da uno scudo bronzeo (che pocoprima era il cappello di strani monaci bisbiglianti e attivi in illeciti esperimenti alchimistici), attaccano un indigeno molto più alto di loro. Questi improbabili conquistadores minacciano buffonescamente, sputano e lanciano insulti finché vengono sgominati dal lancio di proiettili inoffensivi. 

Ancora: un uomo accovacciato a terra come un primate scopre una pistola. In qualche modo la scena ricorda l'inizio di 2001 Odissea nello spazio quando lo scimmione soppesa l'osso prima che diventi clava. Il paragone è rafforzato dall'incapacità dell'uomo di raggiungere una posizione eretta e stabile, anzi a volte si contorce in maniera del tutto innaturale trasformandosi quasi in un insetto. Ovviamente, come predetto dalla legge di Cechov secondo cui se appare una pistola questa deve sparare, l'uomo fa fuoco su tutti i suoi simili che muoiono e risorgono per morire nuovamente. 

Un’ultima immagine: i paraventi sullo sfondo si aprono, appare un dipinto a tutta parete dove è raffigurato un vortice di gas o di nuvole tempestose. A terra avanza a fatica, a scossoni e colpi di tosse una macchina celibe forse vicina alla fine del suo ciclo vitale. Non fa alcuna azione utile. Un personaggio comincia ad attivarne altre, mentre getta a terra barattoli di colore come su una tela informale. Le macchine popolano questo mondo andato a male, dove l'uomo è presente ma condivide con  gli automi insettiformi l'assenza di scopo. Se questi esseri meccanici spazzano e ruotano su se stessi, l'uomo perde l'equilibrio, scivola nei colori a terra e si imbratta fino a essere costretto a fermarsi anch'egli. 

Questi pochi quadri ci fanno intravedere la potenzialità della fantasia creativa di una compagnia come Peeping Tom, capace in un solo spettacolo a comprimere idee per almeno altri dieci. In Chroniques siamo forse di fronte a un episodio minore della lunga e magica carriera di questa compagine da sempre capace di coniugare ricerca visiva e corporea con la popolarità e l'affetto del pubblico. Se è parso non all'altezza delle opere precedenti è perché gli episodi di questa storia di un mondo malato, forse morente, è ripetitiva sotto il segno costante della violenza. E qui c'è forse da fermarsi un momento e riflettere: questa che chiamiamo minore non è forse la nostra storia, di questa società occidentale ormai al tramonto, sempre più ripetitiva perché marchiata dalla spirale della violenza? Non è che forse a essere minori siamo noi esseri umani, non così sapiens come amiamo pensare? E se fosse questa l'intenzione nascosta di Peeping Tom? Se così fosse, dovremmo cominciare a mettere in discussione la nostra storia per non far la fine di quelle macchine celibi ed esaurirci nell'inutilità. Dovremmo inoltre mettere in discussione i presupposti culturali del nostro abitare il mondo come esseri umani. Sono questioni a cui non si può volgere lo sguardo e da uno spettacolo, minore o meno che sia, non si può chiedere di più.


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Foto di Sanne De Block



Chroniques, visto a Torino il 2 ottobre 2025 alle Fonderie Limone di Moncalieri nell'ambito di Torinodanza Festival 


direzione Gabriela Carrizo

in co-realizzazione con Raphaëlle Latini

creazione e performance Simon Bus, Seungwoo Park, Charlie Skuy, Boston Gallacher, Balder Hansen

assistente artistico Helena Casas

composizione del suono Raphaëlle Latini

scenografia Ambra Vandenhoeck

assistente alla scenografia Edith Vandenhoeckdisegno luci Bram Geldhofcostumi Jana Roos, Yi-Chun Liu, Boston Gallacherconsulenza artistica Eurudike de Beul, Frans Brood Productionscoproduttori ExtraPôle Provence-Alpes Côte d’Azur, Festival d’Avignon, Festival de Marseille, Théâtre National de Marseille La Criée – CDN, Les Théâtres Aix & Marseille Anthéa-Antipolis Théâtre d’Antibes Châteauvallon-Liberté – SN, la Friche la Belle de Mai – Théâtre Les Salins SN (Martigues) KVS – Koninklijke Vlaamse Schouwburg (Bruxelles), Tanz Köln (Colonia), Festival Aperto / Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatre Nacional de Catalunya (Barcellona) Torinodanza Festival | Teatro Stabile di Torino Teatro Nazionale, Le Vilar Louvain-la-Neuve, Centro Danza Matadero (Madrid), FOG Triennale Milano, Performing Arts festival, La Villette (Parigi) schrit_tmacher (Paesi Bassi), Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro NazionaleChroniques è stato realizzato con il sostegno del Tax Shelter del Governo Federale Belga



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