top of page
  • Francesca Torre

Ritratto di donna araba che guarda il mare


Ritratto di donna araba che guarda il mare

Uomo (europeo), Giovane donna, Giovane uomo, Ragazzino: personaggi che «parlano differenti lingue, che noi non conosciamo, che noi non possiamo distinguere. Per noi sono la stessa lingua». Far emergere la necessità di un “patto narrativo” al fine di rendere la vicenda leggibile e inequivocabile sembra essere, per Davide Carnevali, una vera e propria esigenza. La regia di Claudio Autelli affida questa premessa alla voce del Giovane uomo il quale, dopo aver elencato i quattro personaggi della storia, assume sempre più la funzione di un prologo.

Tale premessa è coerente rispetto a un dramma che mette al centro proprio il tema del “dialogo impossibile” fra due culture abitanti le sponde opposte del Mediterraneo: quella di un uomo europeo e di una donna che propriamente “araba” non è. Il titolo assume infatti la prospettiva dell’europeo, che senza chiedere il permesso posa il suo sguardo sulla giovane per farne un ritratto, quasi fosse di fronte a una creatura esotica, nel senso di quell’“altro da sé” che cade sotto la comoda, stereotipica, piatta etichetta di “arabo”. Un punto di vista che potremmo definire colonialista anche quando la visione dell’altro si fa idealistica: «Persone che non hai mai visto prima che ti invitano a casa loro. Sconosciuti che ti chiamano amico. O addirittura fratello».

L’europeo e la donna nordafricana si uniscono in una relazione sessuale e sentimentale fin da subito complicata: la visione della vita e dei rapporti dell’uomo è antitetica rispetto a quella della giovane, che punta a smascherare le ambiguità annidate nel linguaggio del suo amante. 'Ritratto di donna araba che guarda il mare' è un esempio magistrale di drammaturgia della parola: alimentata da un linguaggio asciutto, spezzato, gioca sulla ripetizione e sulla variazione e compone dialoghi serrati, capaci di sondare i rapporti fra personaggi dalla statura davvero universale, connotati dal punto di vista spazio-temporale e capaci, tuttavia, di travalicare questi confini per raggiungere quelli più ampi di un mondo dominato da una mentalità maschilista e patriarcale. Il testo di Carnevali, vincitore del Premio Riccione per il Teatro 2013, porta infatti in scena il conflitto fra uomo e donna, cristallizzato in tre efficaci battute che mirano dritto al cuore della questione:

«Uomo: Un uomo è sé stesso solo a casa sua.

Donna: E una donna no?

Uomo: No. Una donna è casa sua».

Altro tema al centro del dramma è la condizione femminile nel mondo musulmano dal punto di vista particolare di una donna libera e per questo costretta a sopportare i pregiudizi della gente che abita la città vecchia.

Il teatro della vicenda compare sotto forma di plastico, attorniato dai quattro personaggi che, prima dell’inizio dello spettacolo, occupano la scena seduti. A turno il giovane uomo e il ragazzino fanno ruotare lentamente il modellino e ne inquadrano con una telecamera una porzione sempre diversa, corrispondente al luogo fisico dove si svolge una determinata scena, visibile sullo sfondo: una scelta dal sapore brechtiano. Il sistema di retroproiezione delle riprese ha reso necessario un ribaltamento palco-platea nella sala della Claque, limitando lo spazio destinato agli spettatori, che si sono così trovati a stretto contatto tra loro, ma anche con i personaggi e le loro storie. Questo effetto è stato amplificato dal carattere davvero immersivo dello spettacolo, con il ricorso, da più punti della sala, a suoni e rumori a sottolineare i punti di maggiore tensione.

La regia di Autelli è capace di tradurre sulla scena la portata allegorica del testo di Carnevali e di far emergere e valorizzare una drammaturgia in cui l’azione è sublimata nella parola e la visione di frammenti e quadri che si susseguono prevale sul movimento corporeo, ridotto all’essenziale senza, per questo, risultare statico, anche grazie a un utilizzo ragionato delle luci. In questa stessa direzione si muove la recitazione espressiva ma misurata dei quattro attori.

Elementi di pregio: l’utilizzo dell’audiovisivo coerente con il testo e capace, allo stesso tempo, di arricchirne il senso.

Limiti (se così si può dire): lo spettacolo avrebbe meritato più date, anche in ragione dei posti ridotti in sala.

testo vincitore del 52° Premio Riccione per il Teatro

di Davide Carnevali

regia Claudio Autelli

con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù/Francesco Meola, Giulia Viana/Noemi Bresciani

scene e costumi Maria Paola Di Francesco

suono Gianluca Agostini

luci Marco D'Andrea

organizzazione Camilla Galloni e Carolina Pedrizzetti

distribuzione Monica Giacchetto

ufficio stampa e comunicazione Cristina Pileggi e Antonietta Magli

assistente alla regia Marco Fragnelli

produzione LAB121

in coproduzione con Riccione Teatro

con il sostegno di Next/laboratorio delle idee per la produzione e la distribuzione dello spettacolo dal vivo

in collaborazione con Teatro San Teodoro Cantù

spettacolo selezionato L'Italia dei Visionari - Teatro Faraggiana di Novara

Comments


oca, oche, critica teatrale
bottom of page