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  • Massimo Milella

Ukeví | Diario di quello che ho visto a teatro in una settimana a Lisbona (in meno di cento righe)



Gennaio breve e crudele a Lisbona - un compitino per contestualizzare

_una decina di righe_

L’inizio di Natale in casa Cupiello dà un’idea precisa dell’atmosfera di Lisbona durante il suo breve ma crudele inverno. Ci si può svegliare con 13 gradi e nessuna possibilità di scaldare l’ambiente. Si sta fuori, quando c’è il sole — spesso. Quando fa freddo anche fuori, si entra in un café. Ora, se tutti i café diventano hipster (quindi cari), chi può permettersi di ripararsi dal freddo? Un caffè costa tra i 60 e gli 80 centesimi. Un bolinho (un dolcino) tra 0.70 e 1.20. Se è di più, non state facendo colazione, state vivendo un’esperienza da condividere su Instagram. Per affrontare il breve ma crudele inverno di Lisbona, sono obbligatorie le borse d’acqua calda e una stufa (con bombola) da tenere vicino a sé. È infine caldamente consigliato anche andare negli spazi sociali o invitare gente a casa. Se la gente non vuole venire perché gli state antipatici o perché è inverno e l’inverno è crudele, voi insistete, perché non bisogna farsi trovare impreparati dall’inverno breve e crudele di Lisbona, cioè soli. Perché è sì, breve, ma nelle città belle e malate come Lisbona, anche molto crudele.



Sem título#8 di auéééu e Fernando Roussado - fare, mettere a posto e ricominciare

_una trentina di righe_

Nel cuore di una delle zone più belle, costose e gentrificate dell’antica Lisbona, a pochi passi dal Bairro Alto e da Principe Real, c’è il TBA, Teatro do Bairro Alto, che però non è propriamente nel Bairro Alto o, se lo è, mi sorprende, insomma è un luogo che mi confonde parecchio per la sua geolocalizzazione generale. Come se non bastasse, dentro c’è una programmazione costantemente sperimentale, nella ricercatezza delle proposte, nella complessità dei progetti trasversali e nel tentativo di cogliere e raccogliere ciò che forse manca nella cultura teatrale della città. Ci trovi per esempio un incontro con Jun Fujita Hirose che propone un modo di imporre un limite al capitalismo e il filosofo Franco “Bifo” Berardi, qui praticamente di casa. In mezzo, una performance eccezionale di un gruppo giovane e coraggioso, auéééu, di cui l’anno scorso avevo visto un prezioso e complesso spettacolo tratto da Il disprezzo di Godard. Con loro, lo scultore e performer Fernando Roussado, creatore di un’enorme sfera che rotola a fatica in scena e segna il peso di un oggetto scenico di cui si prendono cura tutti, pur senza chiedersene il perché. In scena si cucina anche, ma non si vedrà mai il prodotto di questo sforzo. Si fatica parecchio, inoltre. Pubblico e performer s’impegnano in un’estenuante pratica performativa divisa in round, segnalati da jingle semiseri e campanelle, all’interno dei quali ognuno degli elementi in scena segue una traiettoria, intrecciandosi con quella degli altri, o standosene per i fatti propri, a volte persino coinvolgendo il pubblico. Se pensi che stiano per arrivare da qualche parte sbagli di grosso, perché sono già arrivati in molte parti da un bel po’, anzi si sono divisi, frantumati in molte parti e di ognuno di questi frammenti vive lo spettacolo, pezzo per pezzo, segmento per segmento. Niente di incredibile se il pubblico si addormenta perché quando si è stanchi e si perde il filo, ci si addormenta anche a teatro, e questo non ha niente a che vedere con l’annoiarsi, che invece è la frustrazione di non riuscire a dormire né ad agire. È del tutto normale che, leggendo, non abbiate capito ancora cosa succedeva in scena durante questa performance, anzi probabilmente avete capito che non succedeva niente che si possa spiegare se non descrivendo segno per segno tutto il tragitto, come si fa quando qualcuno ci chiede come si arriva da qualche parte. Mi piacerebbe descriverlo, farne la radiocronaca, ma il bello di sem título#8 è che ha saputo lavorare sulla presenza del pubblico per due ore filate senza pretendere un’attenzione esclusiva su nulla in particolare, senza mettersi al centro di niente. Solo azioni, portate fino in fondo o lasciate a metà, prima che la campanella suoni e si debba mettere a posto tutto, per ricominciare da zero ogni volta, con pazienza e fiducia incrollabili.

s/titulo #8_ Foto di Joana Linda
Foto di Joana Linda

Mystery sonatas for Rosa di Anne Teresa de Keersmaeker - Monumento dell’evento

_una cinquantina di righe_

Il Culturgest di Lisbona è una di quelle strutture enormi, adibite all’arte varia, tipiche delle capitali europee di oggi, in cui si tende non ad assistere a spettacoli (o concerti, opere, esposizioni), ma a eventi. L’evento, però, lo dice l’origine latina della parola, è qualcosa che viene fuori, ovvero scaturisce da una situazione data. Quindi, almeno etimologicamente, non si può ospitare un evento perché non si ha la certezza assoluta che effettivamente accada qualcosa, anzi che evenga (facciamo finta che questa parola esista, siate gentili). Anne Teresa de Keersmaeker, però, coreografa tra le più apprezzate sulla scena internazionale, assidua frequentatrice della capitale portoghese e insignita, invece, alle nostre latitudini con un illustre e meritatissimo Leone d’oro alla Carriera nel 2015, porta con sé la solida promessa di un evento, e non potrebbe essere altrimenti. Avevo visto solo un suo spettacolo degli anni ’80, peraltro in video, Rosas danst Rosas, e lo avevo trovato stupendo, mi sembrava di sentire in prima persona, attraverso i corpi delle danzatrici, ora nervosi ora rassegnati, la qualità disperata del quotidiano, sia pure in uno specchio deformato. I respiri stessi, in quella messa in scena, diventavano azioni intensissime. Per questo ero curiosissimo di vedere Mystery Sonatas for Rosa, creazione recentissima, del 2022 ed evento, appunto, ospitato dagli spazi imponenti del Culturgest. L’opera è raffinatissima e anche rara, dato che la solida produzione internazionale ha garantito la presenza in scena di cinque brillanti musicisti guidati dalla straordinaria violinista Amandine Beyer e un folto gruppo di bravissime danzatrici e danzatori che fanno parte della compagnia Rosas, della de Keersmaeker. Eccellenze tecnicamente indiscutibili al servizio di un’opera di valore immenso, qual è Le Sonate del Rosario del compositore e virtuoso del violino della seconda metà del Seicento, Franz Biber, suonata in scena e scandita da bellissime coreografie d’insieme e accuratissimi solo, perfettamente cuciti su misura sulle specificità fisiche e tecniche di ciascun interprete. Nel caso abbiate provato fastidio, nella lettura, di fronte ai superlativi che ho usato, vi capisco, ma erano inevitabili, non si può scomodare niente di meno, vista la preparazione tecnica in scena. La coreografia di De Keersmaeker costruisce un’idea di leggerezza, contaminando la danza con giocosi innesti di folklore in cui si intuiscono anche fantasmi del barocco. Sul piano filosofico, poi, il collettivo di Rosas ha giocato per tutto il tempo sui concetti di sintonia e sincronia, componendo e scomponendo orbite in scena, traiettorie cosmologiche. La danza accompagnava con fedeltà i ritmi scanditi dalle composizioni di Biber, amplificandone la dinamica senza mai contraddirla. Alla pienezza pittorica della visione contribuiva la geometria delle luci che si infrangevano su una grande lastra ricurva sospesa sui corpi danzanti e sui musicisti, creando in scena quadri differenti per ognuno degli episodi del mistero musicale. Detto quello che non si può non dire, si deve però aggiungere che qualsiasi superlativo utilizzato non mi ha impedito di vedere in Mystery Sonatas for Rosa il rischio di una certa monumentalità. Quest’opera per me è una prigione di eleganza, una visione che si arresta sull’orizzonte del fondo della scena e si rifugia lì, nel nostro sguardo e nelle note di Biber, per la sua durata. E in definitiva, quando Amandine Beyer suona, com’era prevedibile in solitudine, illuminata, la passacaglia meravigliosa che chiude l’opera, la danza fin lì ammirata svanisce quasi completamente, senza lasciar traccia. Quasi, appunto, perché qualcosa resta, a dire il vero. Mystery Sonatas for Rosa trova i suoi momenti di respiro — che diventano azione viva nella carne di chi danza e di chi guarda danzare — in pochissimi, rarefatti episodi. Sono gli intervalli, quando i musicisti accordano gli strumenti tra un brano e l’altro: il corpo di ballo, in ascolto, in attesa, si ricongiunge, costruisce tableaux vivant e resta immobile nella propria formazione, in cui ognuno riesce a toccare l’altro, appoggiando il corpo o appena una mano o un piede, spostando il proprio baricentro al servizio della scultura viva messa in scena. In quei momenti, il precario equilibrio diventa vuoto barocco, innescando la possibilità eccitante della creazione. Grazie a questi preziosi minuti, nella cornice della promessa di una serata speciale, che mantiene però solo l’aspetto formale di una superlativa e fredda esecuzione, qualcosa di piccolo e potente, in Mystery Sonatas for Rosa, accade all’improvviso e si fa evento, per davvero.


Mystery sonatas for Rosa di Anne Teresa de Keersmaeker_ Foto di Anne Van Aerschot
Foto di Anne Van Aerschot


s/titulo #8 di Auéééu e Fernando Roussado,

Creazione auéééu e Fernando Roussado

Con Fernando Roussado, Filipe Velez, Frederico Barata, Joana Manaças, João Luís Silva e Miguel Cunha

Scultura di Fernando Roussado

Con il supporto creativo di Statt Miller, Sérgio Coragem e Beatriz Brás

Light design Daniel Worm d'Assumpção

Costumi Statt Miller

Supporto alla ricerca David Antunes e Francisco Luís Parreira (Inúteis Conversas)

Produzione Joana Manaças e Miguel Cunha

Coproduzione Teatro do Bairro Alto, Teatro das Figuras, O Espaço do Tempo

Sostegno alla residenza O Espaço do Tempo e Materiais Diversos

Con il sostegno di Repubblica Portoghese / Ministero della Cultura - Direzione Generale delle Arti, Libreria Ferin

Si ringraziano Carlos Silva, Hernani Luzio, Tavares, Mármores Rosal, Filstone

Fotografie Joana Linda

Audiodescrizione al Teatro Bairro Alto FrancoAcesso



Mystery Sonatas for Rosa di Anne Teresa de Keersmaeker e compagnia Rosas ft. Amandine Beyer e gli Incogniti

Coreografia di Anne Teresa De Keersmaeker

Con Cintia Sebők, Laura Maria Poletti, Mariana Miranda, Sophia Dinkel, Frank Gizycki, Jacob Storer, José Paulo dos Santos, Lav Crnčević, Mamadou Wagué, Rafa Galdino

Musica Mystery Sonatas, Heinrich Ignaz Franz Biber

Direzione musicale Amandine Beyer

Musicisti Gli Incogniti

Set and lighting design Minna Tiikkainen

Direttori delle prove Diane Madden, Cynthia Loemij

Costumi Fauve Ryckebusch

Coordinamento artistico e progettazione Anne Van Aerschot

Produzione Rosas

Coproduzione Concertgebouw Brugge, De Munt / La Monnaie (Brussels), Dance Reflections by Van Cleef & Arpels, Théâtre de la Ville à Paris, Spoleto Festival dei due Mondi




oca, oche, critica teatrale
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