Primo di una triade di spettacoli, portata avanti con Erectus - Pithecanthropus e chiusa quest'anno da Pelleas e Melisande, La morte e la fanciulla è in tournée dal 2017, anno in cui Abbondanza/Bertoni furono candidati finalisti al Premio Ubu. L'intento di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni con questo progetto triennale (Poiesis) è quello di trasformare musica e corpi in “suono da vedere”. Lo fanno attraverso partiture musicali iconiche che dettano i tempi in scena, oltre che il nome delle performance.

L'apertura e chiusura de La morte e la fanciulla - opera coreutica, che pone in dialogo il piano coreografico con quello musicale e delle videoproiezioni - è affidata al Lied omonimo di Franz Schubert, un dattilico dialogo in cui la morte tenta di convincere la fanciulla della sua bontà e a farle tendere le mano.
“Dammi la tua mano, / bella creatura delicata! / Sono un’amica, / non vengo per punirti. / Su, coraggio! / Non sono cattiva. / Dolcemente dormirai fra le mie braccia!”
Se nel prologo dello spettacolo l'impressione può essere quella che le tre danzatrici siano di accompagnamento al canto umano, l'inizio del quartetto in re minore dimostra quanto l'intuizione sia erronea. È il brano per archi di Schubert - pubblicato postumo-, che del Lied mantiene il titolo e la stessa melodia, a dettare i tempi della parte centrale e preponderante dello spettacolo: Allegro, Andante con moto, Scherzo. Allegro molto, Presto.
Inizia una coreografia di gesti che vanno dal convulso al ferino, dal rudimentale rotolare allo stare sulle punte della danza classica, che non è mai pura, ma sempre legata a un uso del corpo che è segnato da un carattere grottesco. Lo stesso carattere presentano nelle videoproiezioni i visi delle interpreti come deformati da lenti grandangolari e un chiaroscuro fortemente espressionista. Non ci sono cambi di scena, ma fasci di luce piombano dall'alto a illuminare lo schermo nero sul fondale: come un occhio voyeuristico i video seguono le interpreti fuori e dentro la scena (Abbondanza/Bertoni ne parlano come di un "palcoscenico verticale"), completandone azioni e movimenti. Il carattere spoglio dell'allestimento in sala Aldo Trionfo sembra dettato dalla scelta di un'estrema essenzialità scenica, forse studiata per porre l'attenzione dello spettatore sulla coreografia, quasi ossimorica nella sua ricchezza.

Ai lati del palcoscenico un gas crea nuvole di fumo che rendono la visione annebbiata: le danzatrici sono completamente nude ma ogni forma di esibizione estetizzante è negata. I corpi appaiono come ologrammi, immagini volatili che creano nello spettatore un'infinità di suggestioni, sfuggendo però a una costruzione di scene manifeste nelle loro citazioni o a un inquadramento drammaturgico troppo stringente. Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas e Claudia Rossi Valli sono tre sorelle, le Parche, con gli occhi della Medusa di Bocklin. Baccanti dai lunghi capelli, che avanzano sul palco, bruciando la distanza con la platea. Sono i corpi costretti a letto nei quadri di Munch, e i visi straziati dei parenti addolorati. Le ingannevoli streghe di Macbeth, le tre Sorelle Fatali. Richiamano in me la Gioia di vivere di Matisse nell'unione delle tre danzatrici che, persino durante i soli, sembrano mosse dalla stessa macabra energia.
Tanto che l'impressione è che le interpreti siano un corpo unico e al tempo stesso ciascuna contenga dentro di sé entrambi i personaggi, Fanciulla e Morte. La loro è una danza tragica, dal ritmo sempre più agitato, come di una tarantella. Finché La morte e la fanciulla si chiude bruscamente lasciando un'altra volta spazio alla frase proiettata, al Lied: l'immobilità inattesa delle danzatrici, fino a un istante prima occupate in una coreografia continua e straripante di forme e movimenti, regala un tenero momento metateatrale ma raffredda lo spettatore.
La sensazione uscendo dal Teatro della Tosse è quella di aver vissuto un'esperienza teatrale e quasi stranisce che sia bastata a noi soltanto l'azione di sedersi sulle solite poltrone rosse per veder rappresentato davanti agli occhi un intero secolo, quello dell'Ottocento - dal schubertiano Romanticismo fino all'immaginario espressionista dell'apparato scenico -, nel suo dialogo con la più implacabile delle nemiche umane.
Elementi di pregio: il lighting design di Andrea Gentili, le videoproiezioni dei trentini Jump Cut, l'unione in scena delle tre interpreti, la volatilità dell'immagine contrapposta alla coreografia spesso molto ferina e terrena.
Limiti: il finale che, ritornando alla forma del Lied, raffredda lo spettatore.
regia e coreografia
MICHELE ABBONDANZA E ANTONELLA BERTONI
con
ELEONORA CHIOCCHINI, VALENTINA DAL MAS, CLAUDIA ROSSI VALLI
musiche
F. SCHUBERT: LA MORTE E LA FANCIULLA
titolo originale DER TOD UND DAS MÄDCHEN
ideazione luci
ANDREA GENTILI
luci
ANDREA GENTILI e NICOLÒ POZZERLE
video
JUMP CUT
organizzazione
DALIA MACII
amministrazione e ufficio stampa
FRANCESCA LEONELLI
produzione
COMPAGNIA ABBONDANZA/BERTONI
con il sostegno di
MiBACT DIREZIONE GENERALE PER LO SPETTACOLO DAL VIVO
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO – SERVIZIO ATTIVITÀ CULTURALI
COMUNE DI ROVERETO - ASSESSORATO ALLA CULTURA
FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI TRENTO E ROVERETO
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