L'essenza di Luciano è nella trasformazione del tempo. In una sorta di gioco di prestigio la dimensione temporale si arrotola su stessa per generare non solo una sospensione e un annullamento ma una naturale sovrapposizione di piani. I ricordi del protagonista omonimo sono materializzati sulla scena in quadri giustapposti e connessi dai suoi commenti, che avvengono in contrappunto: ricoverato in un manicomio, Luciano rievoca frammenti della sua vita, avventure a sfondo sessuale, piccole grandi sofferenze, miserie e grandezze. Il teatro della memoria si ricrea sulla scena con inevitabili scarti e distanze rispetto al commento e interpretazione. I quadri rievocativi sono punteggiati da poesie della tradizione italiana che il protagonista recita con lievi e personali interpolazioni e modifiche.Il ruolo della poesia rispetto al tempo è duplice: da una parte, nelle piccole differenze introdotte durante la recitazione troviamo l'eco della modificazione e labilità della memoria; dall'altra un argine allo scivolamento nell'oblio dei piccoli episodi di vita marginale che sono rievocati.
Ma l'elemento più intimo della trasformazione temporale si riferisce alla qualità del tempo scenico. Danio Manfredini, qui ideatore e regista oltre che protagonista, riesce a irretirci alla perfezione nella trappola magica dell'affabulazione teatrale: il tempo diviene magicamente a disposizione del drammaturgo, in una danza vertiginosa e straordinariamente duttile fatta di ritmi intrecciati e sincopate costellazioni del ricordo, di messe a fuoco prolungate ma apparentemente istantanee. Lo spettatore è una zattera in questo mare calmo che ha un ritmo di marea istantanea: si arriva al completo oblio di un altrove anzitutto temporale, un assorbimento completo nella memoria di Luciano, nell’incarnazione della sua vita in forma di teatro.
Il teatro del ricordo è il tempo della memoria - questa è l'intuizione prima di Manfredini: i quadri che rievocano la vita di Luciano sono già in sé teatrali nel momento in cui sono pensati da lui stesso. Non c'è nulla di artificioso neppure nella suggestiva sequenza onirica che ricrea sul palcoscenico le figure grottesche degli incubi di Luciano: un minotauro in scarpette rosse danza scalpitando mentre uno scheletro in bicicletta volteggia attorno. Il protagonista, che apre spesso queste sequenze di memoria con un suo commento poetico o una riflessione apparentemente strampalata, cammina attorno con passo strascicato - così simile alla sua parlata - per poi esserne risucchiato e rivivere il passato da spettatore e protagonista insieme.
Lo spettacolo è visivamente sublime, con una menzione particolare per il raffinato lavoro sulle luci compiuto da Luigi Biondi. La creazione della spazio è affidata principalmente a esse, con pochi altri elementi in scena. Le maschere che tutti i personaggi indossano ad eccezione di Luciano rendono perfettamente la natura fantasmatica delle identità anonime della memoria. I protagonisti dell'episodio del cinema a luci rosse si confondono così con quelli che li hanno preceduti e li seguiranno: se la memoria è il campo teatrale più intimo e soggetto alla continua invenzione, ogni passaggio è a rischio - o opportunità? - di variazione.
Mafredini incarna un Luciano ironico e disincantato, sopravvissuto a se stesso e alla vita. Le piccole variazioni che punteggiano le poesie le rendono anzittutto sue, senza cesure quasi rispetto alla sua riflessione a mezza voce o i brevi quadri narrativi che racconta, in uno slancio di appropriazione che sa di gioco ed esplorazione.
Si esce da teatro con due sensazioni precise, di una forza indiscutibile: abbiamo conosciuto Luciano; facendolo siamo stati assorbiti nel suo tempo.
Elementi di pregio: La suggestiva realizzazione tecnica dello spettacolo, dalle luci alla recitazione; il lavoro di scavo sul tempo e le coordinate della memoria.
Limiti: quelli della memoria e del suo intimo spirito che ricrea e inventa senza sosta, un po’ tradendo, un po’ fedelmente.
Visto al Teatro Elfo Puccini domenica 26 maggio 2019.
Ideazione e regia Danio Manfredini
ideazione scene e maschere Danio Manfredini
luci Luigi Biondi
fonico Francesco Traverso
con Ivano Bruner, Cristian Conti, Vincenzo Del Prete, Darioush Forooghi, Danio Manfredini, Giuseppe Semeraro
assistente alla regia Vincenzo del Prete
produzione La Corte Ospitale
coproduzione Associazione Gli Scarti, Armunia centro di residenze artistiche Castiglioncello – Festival Inequilibrioettiva
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