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Matteo Valentini

Teatro Delusio - L’insufficienza della buccia di banana


Dopo averci lasciati lo scorso anno con Dr. Nest, i Familie Flöz sono ospiti ancora una volta del Teatro della Tosse con Teatro Delusio, spettacolo elaborato nel 2004 e risistemato nel 2016 in vista del Fringe Festival di Edimburgo. Tra i più noti e premiati della compagnia berlinese, con più di 600 messe in scena in 29 paesi diversi, Teatro Delusio racconta le amare e comiche vicende di tre tecnici di palcoscenico in continuo conflitto e contrattazione con il mondo oltre il sipario, che loro servono in modo più o meno alacre e da cui vengono sistematicamente ignorati, quando non bistrattati.
Al cuore dello spettacolo sta proprio la frustrazione dei tre protagonisti che, in modi diversi, agognano un segnale di riconoscimento dal mondo della scena “in vista”, confinati come sono all’interno delle quinte del teatro. Al contrario, in questa gabbia raggelata, attori, musicisti, coreografi e registi si muovono come dispotici domatori, o animali esotici.
Una scena di "Teatro Delusio". Disegno di Gaia Macassaro
Teatro Delusio, omaggio agli operatori del retroscena, non si serve dell’onirica mobilità scenica di Dr. Nest: infatti, la stupefacente e barocca movimentazione del palcoscenico, marchio di fabbrica di Familie Flöz, viene esclusivamente affidata al vertiginoso avvicendarsi di maschere e personaggi, al calcolo millimetrico dei tempi scenici e all’abilità dei tre interpreti, che si muovono tra i livelli delle quinte, si nascondono e ricompaiono sotto le vesti di caratteri sempre differenti, mentre la scenografia, se non per alcuni cambi di luce, non muta.
E questa immobilità della scena riflette, anche se non consequenzialmente, l’immobilità della drammaturgia di Teatro Delusio, che si regge più che sulle tre storie dei personaggi, sull’affastellarsi di situazioni comiche basate su trucchi, equivoci o atti maldestri, a volte anche spassose, ma incapaci di tenere alta la tensione per tutta la durata dello spettacolo - se la prima parte diverte, nella seconda la successione nevrastenica di gag confonde, innervosisce e infine annoia lo spettatore - e di creare una qualche struttura di senso al di là di quello che si vede e si sente (a poco servono le apparizioni mistiche di una misteriosa marionetta-bambina che dovrebbero costituire il legame trascendente delle tre storie).
Un personaggio di "Teatro Delusio". Disegno di Gaia Macassaro
Il limite di Teatro Delusio è simile a quello riscontrato in un altro spettacolo visto alla Tosse lo scorso anno, Revérsible, in cui la straordinaria capacità tecnica dei performer conduceva, involontariamente o meno, alla costruzione di una sfilza di mirabilia poco coesa e applaudita con coscienziosa regolarità dal pubblico in sala: nel caso di Teatro Delusio, o almeno della replica a cui abbiamo assistito, i numerosi bambini presenti in sala alimentano e giustificano questo pigro palleggio tra sketch e applauso, ma lo decostruiscono anche, quando battono le mani - non più di due o tre volte - nel bel mezzo dell’azione: a un battito furtivo ne fa seguito un altro dall’altra parte della sala; ne segue una breve e rapida scarica, poi uno più deciso, forse di un adulto che non ha capito lo scherzo, poi una risata repressa e, infine, il rimprovero di qualcuno che ripristina il silenzio e soffoca nei “shhh” un infantile moto di rivoluzione teatrale o, almeno, di insofferenza.
Elementi di pregio: l'abilità performativa dei tre interpreti in scena; la comicità spontanea e, allo stesso tempo, studiata di alcune maschere.

Limiti: la mancanza di una drammaturgia e di un'idea di fondo capaci di portare il pubblico al di là della situazione da slapstick comedy.

Disegni di Gaia Macassaro

Visto il 14 febbraio 2020 al Teatro della Tosse - Sala Aldo Trionfo.

di Paco González, Björn Leese, Hajo Schüler e Michael Vogel

con Andres Angulo, Johannes Stubenvoll, Thomas van Ouwerkerk Musica Dirk Schröder | Maschere Hajo Schüler | Costumi Eliseu R. Weide | Disegno luci Reinhard Hubert Direttore di produzione Gianni Bettucci | Assistente di produzione Dana Schmidt

Regia di Michael Vogel

Produzione di Familie Flöz, Arena Berlin e Theaterhaus Stuttgart

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oca, oche, critica teatrale
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