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  • Eva Olcese

IstanbulBeat | La brezza di una rinascita


Denis Özdoğan in IstanbulBeat

Se ultimamente Genova ha assunto sempre più l'aspetto di una vecchia malaticcia e con una forte artrosi, la cultura sembra solo un'altra spina conficcata nel suo fianco: nessuno si preoccupa di lei, ma nel frattempo rischiano la chiusura l'Altrove - teatro della Maddalena così come lo storico cinema America. Una condizione che sta diventando d'abitudine per il pubblico genovese, quella di una triste serie di chiusure che hanno smesso di generare scalpore - eccetto uno o due post indignati sui social. Ma all'interno di questo ambiente decadente - che mi costringe ad un odi et amo nei confronti della mia città -, ogni tanto succede ancora di meravigliarsi.

Scoperto l'anno scorso, non mi sono certo dimenticata del Teatro Bloser, un vero e proprio spazio-cripta, che regala, ai pochi spettatori in grado di prenotare per tempo, degli spettacoli matrioska - come suggerisce la locandina della nuova stagione: piccoli, ma pregiati.

Quest'anno sono Deniz Özdoğan e il suo IstanbulBeat ad aprire la rassegna di monologhi OneBloser, abilmente curata da Cristina Cavalli. Più che un classico monologo, quello dell'attrice turca è però un ritmato vacillare fra metateatro e teatro, realtà e ricordo: tutto scorre come in un lungo stream of consciousness joyciano e ci trasporta lontano. La forza di questo spettacolo risiede forse anche nel suo esser stato concepito, quasi come site-specific, appositamente per questo teatro: “Tutto è nato da una mia chiamata”, mi racconta Cavalli, “quest'estate le ho chiesto se avesse un monologo pronto e lei ha iniziato a scriverlo e provarlo, a Istanbul, con Aleph [Viola, ndr, compagno e fonico dello spettacolo].”

IstanbulBeat inizia un po’ lentamente; Deniz si scusa degli errori che potrebbe fare per via di un intervento concluso di recente che sembra averla resa insicura, ma poi improvvisamente si trasforma ed evoca davanti a noi, diviso in sette atti, il mondo della sua fanciullezza. Ed è ferinamente magnetica: con la sua recitazione vitale, quasi materica, aggancia lo sguardo dello spettatore e non permette che si soffermi altrove. Davanti ai nostri occhi diventa i baffi dello zio che poeticamente sorseggiano il raki - distillato turco -, muta nella voce tentennante della nonna davanti al Teatro Nazionale di Istanbul fino a trasformarsi in un immaginario processo al suo stupratore. Accompagnata dalle corde del bouzouki di Marco Tosto, l'attrice naturalizzata italiana non solo canta ed esegue danze dal gusto gypsy, ma compie un vero e proprio viaggio di ritorno alle origini, nel cui finale ricorda al pubblico come l'analisi del passato possa sempre essere la forza per reinventarsi e andare avanti. Deniz Özdoğan, con il suo IstanbulBeat, è una ventata di speranza, la brezza di una rinascita che auguro possa tornare a soffiare anche sulla mia città.

Denis Özdoğan in IstanbulBeat

Elementi di pregio: la forza magnetica dell'interprete, l'incedere tra metateatrale e teatrale, la musicalità evocativa del racconto.

Limiti: lo spazio ristretto della sala.

Visto al Teatro Bloser, il 20 Ottobre 2018 di e con Deniz Ozdogan in collaborazione con Aleph Viola con la complicità del musicista Marco Tosto Ph: Pelin Erdogan e Alessandra Cavalli

oca, oche, critica teatrale
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