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  • Marco Gandolfi - Roberta Desderi

Tiresias. The double life of the mantis | Impressioni


Tiresias è un’esperienza. Tra performance e teatrodanza esplora la figura di Tiresia, il veggente che conosce e vede ogni cosa, sempre contemporaneamente ai margini e al centro della scena. Recensire un’esperienza significa ridurla a qualcosa di semplicemente verbale: limitandoci invece a evocare le nostre impressioni vogliamo evidenziare questa irriducibile elusività.

Michalis Theophanous in Tiresias

Marco Gandolfi

«So che Tiresia ciò che vede Apollo / anch'egli vede: oh sire, chi l'interroghi, / ben chiaro può saper tutto ch'ei brami.» (Sofocle, Edipo Re). La condanna di Tiresia è vedere attraverso ogni cosa, sapere la verità sul destino degli uomini. L'arte ha sempre parlato di cosa lui - cieco - possa vedere, chi ha mai davvero guardato invece lui? Tiresias ha capo deforme, molle, che muta forma in un parossismo di rumori - non ha mani e si contorce. Risponde ai suoni della Natura e degli insetti con armonia disumana, la sua domesticità di divinità ci lascia attoniti, senza parole. È uomo?

Danza tra pannelli trasparenti, illuminato dal basso, la sua ombra ci sovrasta: cosa vediamo? Il suo corpo o la sua ombra? Il suo peso è quello dell'universo: il tubo a fisarmonica in cui nasconde il capo è una prigione, non una protezione. Vorrebbe essere cieco pur essendolo? Vorrebbe non sentire più nulla? Dopo un'ora di splendidi quadri e suggestioni so che questa danza mi parlerà a lungo, non solo di Tiresia. Risuonano le parole e la musica: «Dimmi Tiresia / Togli la sete / Conoscilo e poi scordalo / Bevi di questo Lete / Conoscilo e poi scordalo» (Vinicio Capossela, Dimmi Tiresia).

Michalis Theophanous in Tiresias

Roberta Desderi

Difficile ricostruire un discorso logico per quanto riguarda l’intero spettacolo, numerose sono le immagini che la coreografia e i costumi mi suggeriscono.

Il danzatore crea un legame indissolubile fra tatto e vista: è come se anche lo spettatore potesse percepire concretamente quello che solo il performer tocca con mano. In alcuni istanti sembra trasformarsi in un animale, in altri sembra interrogare la sua immagine di fronte ad uno specchio immaginario

Con l’ausilio della musica e dell’apparato illuminotecnico si rende la solitudine e la tristezza che un uomo privo della vista può provare, ma la mancanza di un senso qui non è un limite bensì un trampolino. Provo sentimenti contrastanti alla vista di quel corpo che è capace di contorcersi quanto di sembrare privo di peso.

L’essenzialità dei movimenti mi permette di scavare a fondo nella mia emotività e di creare un contatto empatico con quel corpo senza volto. Non riesco a dare forma e nome alle mie sensazioni e forse è proprio questo a lasciarmi totalmente stregata. Visto a La Claque, sala del Teatro della Tosse, martedì 26 novembre 2018.

Coreografia, spazio scenico e performance Michalis Theophanous. Musiche originali Dickie Landry, Giwrgos Poulios Music editing Stephanos Droussiotis. Scene e costumi Michalis Theophanous con Mayou Trikerioti. Light designer Mike Toon e Adrienne Ming. Choreographic advisor Georgia Tegou in collaborazione con University of Roehampton London. Co-prodotto da Change Performing Arts.

oca, oche, critica teatrale
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